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Meglio Forconi che forcaioli

É scoppiata la rivolta? È ancora presto per dirlo. Certo che ce ne sono i presupposti. Giovani senza lavoro, operai licenziati, imprenditori che hanno dovuto chiudere, pensionati che non riescono ad arrivare alla fine del mese, il popolo della povertà si unisce disperatamente contro questa politica. I partiti politici sono arrivati al minimo storico della considerazione generale. Si premiano i nuovi demiurghi, che promettono che tutto cambierà presto grazie a loro, i prestigiatori delle politica che tentano di sedurre un paese in ginocchio, che lo accarezzano, lo blandiscono, lo illudono. Le radici di questa insofferenza sono da ricercare in un ventennio fallimentare, senza una classe politica adeguata. capace di puntare i piedi in Europa, di sviluppare quelle azioni indispensabili per rilanciare un’economia in ginocchio da tempo, nemmeno in grado di produrre quelle riforme istituzionali delle quali il paese necessita da decenni. É una protesta che ha ragioni storiche. E della quale un piccolo partito come il nostro, che in questo ventennio è stato poco più che spettatore e spesso anche inascoltato, non porta alcuna responsabilità. La portano i partiti che ci hanno governato, la porta questo assurdo e oggi peraltro inesistente bipolarismo, la portano quei forcaioli che vent’anni fa cancellarono un sistema e una classe dirigente che era ai vertici nella considerazione europea e che doveva essere sostituita, non ammazzata. Che aveva portato l’Italia a diventare la quinta potenza industriale del mondo, e non la cenerentola dell’Europa, che aveva partorito uno sviluppo al 4 per cento annuo, e non la recessione, che aveva alzato il debito all’86 per cento del Pil e non al 134, com’è oggi. Meglio forconi, che forcaioli, dunque.