Matteo Renzi socialista…
Dico subito che non sono mai stato pregiudizialmente contro Matteo Renzi. Lo aspetto alla prova dei fatti, magari mangiando pop corn. E prendo atto volentieri di due scelte che sono davvero da apprezzare. La prima ci riguarda come orgogliosa e resistente comunità socialista. Ed è attinente la nomina del segretario del Psi come vice ministro delle Infrastrutture. È molto di più di quel sottosegretario che Letta ci aveva negato. E rappresenta un riconoscimento politico del nostro ruolo. La seconda è l’ingresso del suo Pd, e sottolineo il pronome personale, nel Partito socialista europeo. Non si tratta di una sconvolgente novità.
Già il Pds, e poi i Ds, erano parte integrante della famiglia socialista, ma che il nuovo segretario, nonché presidente del Consiglio, che apparteneva a quel mondo che aveva richiesto l’esclusione del partito da quello socialista europeo, ne pilotasse il rientro, non era francamente prevedibile. Facendo anche maramao agli ex comunisti e democristiani, oggi incredibilmente plaudenti.
Bravo Matteo, dunque. Restano due problemi sul suo conto, più uno grande come una casa. Oltre al tema economico e in particolare al suo jobs act (chiamiamolo piano del lavoro, per favore, evitando inutili inglesismi) sul quale almeno personalmente registro con favore una certa condivisione col piano Ichino, vedremo se il partito di Matteo e i matteini vari che oggi pullulano, con la gioiosa impudenza di studenti che diventano improvvisamente professori, negli uffici del partito e in quelli del governo, abbracceranno le tesi socialiste anche in materia di diritti civili e di giustizia. Sui primi è comprensibile che pesi sul suo governo la forza conservatrice del Nuovo centrodestra. Ma in Aula, come erano soliti fare i socialisti italiani d’antan, i pidini potrebbero ugualmente portare le proposte più avanzate. Mentre sulla giustizia potrebbero davvero distinguersi dai giustizialisti e approvare una riforma europea con tanto di divisione delle carriere e di responsabilità civile.
In una situazione in cui partito e governo sono affidati alla stessa persona dubito che accadrà. La mediazione per la sopravvivenza dell’esecutivo conterà di più della limpida azione politica di partito. Poi esiste il problema più grande. E cioè, come mi sollecita a scrivere il nostro Ugo Intini, la concezione della democrazia. È inutile scandalizzarsi per il comportamento di Grillo se poi vogliamo approvare una legge che affida la maggioranza alla minoranza e la minoranza alla maggioranza. In nessun paese al mondo, non ho esaminato leggi turche ed egizie, come ricordò ironicamente Filippo Turati alla Camera nel suo discorso del novembre del 1922, chi ottiene il 37 per cento ottiene la maggioranza assoluta. Questa concezione diversa della democrazia sarebbe bene che i nostri parlamentari esponessero con chiarezza. Mettendo un argine tra la legge BR e noi.
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