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La grande bellezza… delle primarie

Non ho mai capito bene perché un partito debba far di tutto per dividersi. Credo che le primarie servano innanzitutto a questo. Intendiamoci, è un atto di notevole apertura e disponibilità verso la società il fatto di sottoporle una rosa di candidati da scegliere. Pur tuttavia è inevitabile che, configurandosi come una vera e propria campagna elettorale, anzi come una sorta di  gara ad eliminazione diretta in stile Grande Fratello, i vari candidati si confrontino, e a volte si scontrino, con la voglia di vincere sottolineando e dilatando i meriti propri e i difetti altrui. Ne nasce di solito un vero parapiglia che a volte si conclude con la divisione del partito e la creazione di diverse liste elettorali. D’altronde, dopo uno scontro spesso all’arma bianca, è difficile immaginare una veloce ricomposizione soprattutto a livello umano. Oppure, come accade nel caso reggiano, la magnifica giornata si conclude con una baraonda sui metodi usati da un candidato per accaparrarsi i voti. Metodi che, se confermati, risulterebbero simili a quelli che si erano così giustamente contestati in partiti contrapposti e in regioni lontane. Quello che continuo a non capire, ma può darsi che io appartenga a una antica storia politica, è perche un partito debba farsi scegliere il suo segretario dai non iscritti e perché mai un iscritto debba avere gli stessi diritti di un non iscritto nella scelta di fondo e cioè nella elezione del leader del suo partito. Di più, questo avviene anche nella proposta dei candidati alle elezioni politiche, e forse europee e domani regionali, e nella scelta del candidato sindaco. Parliamo, con l’eccezione dei candidati alle politiche, che in realtà sono stati, negli ultimi anni, non solo candidati, ma eletti se ben posizionati in lista, di candidature da sottoporre al vaglio degli elettori. I quali ultimi sono così chiamati a decidere due volte. In nessuna associazione politica, culturale, ricreativa, sportiva, in nessuna istituzione, fondazione, cooperativa, funziona così. Sono gli iscritti o i soci a scegliere i dirigenti, i presidenti, i loro vertici. In nessuna organizzazione il primo che passa per strada con due euro può votare. E a volte anche senza. Si dirà che in America non è cosi. Infatti, si è voluto importare in Italia il modello americano, non quello europeo, soggiacendo a miti democratici e kennediani oggi peraltro in crisi. Ma in America le primarie riguardano la scelta del presidente, sono organizzate dai due partiti pressoché contestualmente, e i due partiti sono solo organizzazioni elettorali pressoché privi di iscrizioni, vita partitica, sezioni e altro. Chi sia il segretario del partito democratico e repubblicano è cosa ignota. E a nessun democratico e repubblicano viene mai in mente di partecipare alle primarie altrui. E’ questo il modello al quale ispirare la politica italiana? Svuotare completamente i partiti per farli divenire agenzie elettorali? Su questa strada negli ultimi vent’anni abbiamo fatto passi da gigante. Basta esserne consapevoli…