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Ciao Carlo, il tenore più verdiano

Bergonzi è stato uno dei tenori che ho amato di più. Al di la del fatto che fosse nativo di Busseto e che avesse respirato l’amore per Verdi anche dai platani che costeggiano il Po, dal vento che fa vibrare le foglie come quello dell’ultimo atto del Rigoletto, Bergonzi più di qualsiasi altro ha saputo unire bel canto a forza drammatica. Tenore lirico spinto, nato come baritono, era a suo agio nel ruolo di Radames e in quello di Ernani, per citare due parti da lui tra le più frequentate. Lo ricordo personalmente in una Aida del 1963 nella mia Reggio Emilia. E da allora, avevo solo dodici anni e frequentavo il Liceo Musicale, Bergonzi mi è entrato nel cuore. Non posso dimenticare una recita de La forza del destino nella piazza di Busseto negli anni ottanta né il suo addio ai teatri con il concerto de La scala di Milano concluso con un Non ti scordar di me, che ha commosso e spinto alle lacrime tutti gli spettatori. Con Bergonzi se ne va l’ultimo dei grandi tenori italiani, quelli che negli anni cinquanta e sessanta riuscivano ad estasiasmare il mondo. Parlo di Corelli, di Del Monaco, di Di Stefano e appunto di Bergonzi. Non ci scorderemo mai di te indimenticabile Carlo che nell’ultimo fase della tua vita hai voluto dedicare a Verdi, denominandolo I due Foscari, il ristorante bussetano che avevi fondato.