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Renzi show

Inutile girarci intorno. Renzi ha stravinto anche la partita di Porta a Porta. Arbitro l’accattivante Vespa e contendenti molto compiacenti. Soprattutto Nosferatu Sallusti, acido con tutti tranne che con Matteo. Devo dire che Renzi è stato anche convincente. Almeno a nostro avviso. Vediamo perché. Sui mesi passati non si può di che il suo governo non abbia concluso nulla: il decreto Poletti sul lavoro, gli ottanta euro per dieci milioni di italiani sottratti alle banche nell’operazione plusvalenze azionarie di Banca Italia, il taglio del dieci per cento dell’odiosa Irap, il tetto agli stipendi e alle pensioni, il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione (secondo i dati 31 miliardi a fine agosto sui 50 complessivi), l’avvio della riforma del Senato, l’abolizione dei Consigli e delle giunte provinciali (questi due giusti procedimenti potevano avere un contenuto anche diverso). Molte altre cose restano da fare. Anzi, quel che resta da fare è forse assai più urgente di quel che si è fatto.

Vediamo le intenzioni. Quando Renzi risponde alla casta dei magistrati affermando ‘brr, che paura”, a fronte delle resistenze continue a qualsiasi innovazione, vedasi la questione delle ferie e quella degli alti stipendi, ma anche quella più politica della responsabilità civile, noi non possiamo che essere con lui. Quando sostiene che è giusto discutere con le forze di polizia per verificare la possibilità di superare il blocco degli stipendi, ma risponde a muso duro a chi minaccia uno sciopero illegale e anticostituzionale, noi non possiamo che essere con lui. Quando lancia la parola d’ordine del merito come una prerogativa di sinistra, e ritiene che anche nella pubblica amministrazione a parità di lavoro si possano percepire emolumenti diversi a seconda delle capacita e dei risultati, figurarsi cosa possiamo pensare noi che con Claudio Martelli lo abbiamo teorizzato trentadue anni fa.

Dispiace semmai che Renzi pensi di essere il primo a parlarne. Ma noi siamo abituati ad essere dimenticati. Con l’Avanti esistiamo anche per gettare qualche cono di luce in questa collettiva perdita di memoria. Insisto. Quando Renzi pensa al modello tedesco per quanto riguarda il mercato del lavoro, cioè a quell’insieme di provvedimenti messi in atto dal socialdemocratico Schroeder, noi non possiamo che essere con lui. Quando annuncia nella prossima finanziaria una manovra che abbassi le tasse sul lavoro prelevando le risorse dal taglio della spesa, noi possiamo forse essere contrari?

Semmai il punto sta qui. Quale manovra? Non ne basta una qualsiasi per un Paese che chiuderà il 2014 con uno sviluppo attorno allo zero, che conta il 12,6 per cento di disoccupazione e il 42 per cento di quella giovanile, che ha visto il potere d’acquisto degli italiani perdere progressivamente punti, contrariamente a tutti i paesi più industriali del mondo, che dispone di stipendi e salari più bassi rispetto ai paesi più progrediti d’Europa, mentre negli anni ottanta erano trai i più alti, che è costretto a pagare, su una spesa pubblica di oltre 800 miliardi di euro, ben 80 miliardi annui di interessi.

Un Paese che soffre una così grave malattia necessita di una cura forte, immediata ed efficace. Per questo, lo ripetiamo, servirebbe sfondare il muro del 3 per cento abbassando vistosamente le tasse, e presentando in Europa un vero e proprio piano di rientro attraverso i tagli alla spesa, la riforma del mercato del lavoro e uno sviluppo che si produrrà più alto. Dunque un rapporto tra debito e Pil tendenzialmente piu basso dell’attuale 135 per cento, da costruire con la ripresa. Certo la nomina del superigorista Katainen con delega allo sviluppo nella Commissione non lascia presagire nulla di buono. Mai come adesso il finlandese dipenderà dalla signora Merkel. E pur tuttavia la sfida deve essere lanciata, perché col solo rigore non si esce dalle nostre difficoltà. Neppure recandosi a piedi alla basilica di Monte Senario…