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Blair, Renzi e noi

Ieri si sono incontrati a Roma il presidente del Consiglio Matteo Renzi e Tony Blair. Siccome da un po’ di tempo Renzi sostiene di avere in Blair il suo punto di riferimento, e questo potrebbe davvero unire Renzi al socialismo europeo più moderno, ho voluto leggere attentamente l’intervista successiva rilasciata dallo stesso Blair al Corriere. Si tratta come sempre di considerazioni di assoluto interesse e di una conclusione su Renzi che deve far meditare anche chi, come me, renziano non è e di Renzi e del suo governo ha sottolineato i meriti, ma anche qualche lacuna. E soprattutto non ha mancato di criticare alcune sue proposte in materia di riforma istituzionale e una certa sua superficialità nell’analisi politica degli avvenimenti.

Blair è convinto che all’unità dell’Europa non esista alternativa e che il suo paese, il Regno unito, farebbe un grave errore, ma non crede che succederà, ad uscire dalla Ue. È ovviamente preoccupato dei fenomeni di disgregazione, della mancata crescita e dell’eccessivo rigore che non consentono nemmeno di ridurre il debito, ritiene necessario portare non meno ma più potere agli organismi europei. Egli sostiene poi che una sinistra socialista moderna non si possa attardare in analisi del passato e che “la modernizzazione che Matteo Renzi sta cercando di portare in Italia è la sola strada per una sinistra progressista che vuole creare una società più giusta ed uguale”. D’altronde il giudizio su Renzi non è diverso da quello degli altri leader socialisti europei, a cominciare da Suarez, Seguro, Valls e Schulz. Per Blair la sinistra ha successo “solo quando rimane fedele ai suoi valori, ma li applica in modo diversi per tempi diversi”.

Si tratta di una pubblica apertura di credito verso il suo giovane “erede”. Ma in altra pagina, sempre sul Corriere, in un’intervista rilasciata a Fabrizio Roncone, Giuliano Ferrara indica proprio in Renzi l’erede più autentico di Berlusconi, del quale non vede successori dentro Forza Italia e neanche nell’intero centrodestra. Può allora Renzi essere ad un tempo l’erede di Blair e quello di Berlusconi, visto che Blair e Berlusconi non possono essere considerati omologhi? Vorrei approfondire questa che pare una contraddizione. Ed invece, per un verso, assolutamente non lo è. In Italia la sinistra, egemonizzata dal Pci e dai suoi eredi, ha continuato a legittimare i suoi avversari, prima con il fattore K, poi con il fattore G, intendendo il primo per “comunismo” e il secondo per “giustizialismo”. Senza comunismo Berlusconi è apparso, in una fase, il solo argine al dipietrismo imperante, alla falsa rivoluzione giudiziaria che ha contribuito alla distruzione dei partiti storici tra i quali il Psi. Per questo molti socialisti lo hanno sostenuto.

Con Renzi, che comunista non è mai stato e neppure giustizialista, ma che anzi ha messo in soffitta tutto il vecchio gruppo dirigente ex comunista del suo partito e nel contempo non ha esitato anche a confliggere con la magistratura, finiscono entrambe le giustificazioni politiche di Berlusconi. Quest’ultimo, infatti, oggi non ha più una funzione, se non quella di appoggiare colui che Ferrara definisce suo erede, ma che in realtà è il leader politico che gli ha sottratto gli argomenti, o di trasformarsi in regista dell’estremista Salvini, rinunciando così al suo ruolo di moderato. Per questo è vero che Renzi può essere considerato da Blair un suo erede e noi suoi antesignani, pur con tutte le differenze storiche, e nel contempo il superatore di quelle caratteristiche della sinistra che giustificavano la presenza di Berlusconi. I socialisti in questo senso devono stare con Renzi e non coi suoi oppositori, sottolineando al contempo le sue contraddizioni. Come l’Avanti ha fatto a proposito dell’Unità di Gramsci, di Berlinguer e Craxi, della riforma elettorale, dell’analisi dell’astensione elettorale. Critici, a volte, come ho fatto su queste colonne anch’io, anche duramente. Ma da quella parte.