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Lo stupidario dopo la strage

Ne ho sentiti di commenti intelligenti, di analisi serie, di critiche e anche di autocritiche, di suggerimenti per il futuro, dopo la strage di Parigi. In tanti hanno voluto esprimere la loro solidarietà all’insegna del “Je suis Charlie”, mentre molti quotidiani hanno pubblicato le vignette del giornale satirico oggetto di questo odioso, mortale attentato. Ma ho ascoltato e letto anche alcuni commenti stupidi, improvvisati, autolesionisti. Mi soffermo su questi ultimi, mentre ancora le autorità francesi non sono riuscite a catturare i tre terroristi e per tutta la notte sono girate voci sulla loro identificazione certa, sul loro arresto, perfino sull’uccisione di uno dei tre, poi regolarmente smentite.

Il primo commento stupido dopo la strage è quello di chi si autoaccusa. E attacca noi, la nostra civiltà (caro Toscani, quando sia parla di civiltà non si parla di razza, ma di civitas, di comunità con norme e regole che sono queste sì infinitamente migliori in Occidente di quanto non siano nei paesi islamici e sopratutto nelle comunità del terrore). C’è ancora in taluni settori della sinistra italiana un pregiudizio anti occidentale duro a morire. Non riescono a capire, costoro, che a volte gli americani possono anche avere ragione. Erano abituati a una sorta di guerra tra cow boys e indiani all’incontrario. Non riescono più a capire il mondo che non gli dà retta. Pensano che il terrorismo sia stato inventato da Bush e che Obama sia molto peggiorato da quando è alla Casa bianca. Tutto si deteriora, anche un personaggio a prova di bomba. Altro che guerra all’Isis. Al massimo arrivano al “nè con gli Usa nè con l’Isis”, per parafrasare un infelice motto degli anni settanta a proposto delle bierre.

Poi c’è il commento di chi vorrebbe la guerra contro tutti i mussulmani. Un’altra follia. La prima ci porta a perdere il conflitto con l’estremismo islamico e ci colloca nel sentiero ipotizzato da Michel Heuellebecq, il secondo ci porta a perderlo prima ancora di averlo incominciato. Noi dobbiamo fare l’opposto e cioè dividere il mondo mussulmano. Favorire la contrapposizione tra mussulmani e terroristi islamici. I quali ultimi rappresentano per ora una minoranza di quel miliardo e seicentomila fedeli a Maometto. Sono molto importanti le dichiarazioni di Imam che hanno condannato la strage di Parigi e quelle di governi arabi che hanno fatto altrettanto. Ci sono però silenzi raggelanti, e situazioni ambigue come quella dell’Arabia saudita, da sempre alleata agli Stati uniti, uno dei paesi più intransigenti dove non sono ammesse altre confessioni, e che non pare estranea, al pari di stati quali lo Yemen e soprattutto il Quatar, al finanziamento di gruppi jihdaisti. Questo semmai deve fare l’Occidente e cioè rompere pericolosi cordoni ombelicali.

Infine c’è il commento di chi pensa che la cosa non lo riguardi. Che Parigi non valga né una messa né una eccessiva preoccupazione. No, Parigi oggi siamo noi. Siamo noi che amiamo la libertà. Siamo noi che odiamo chi ci impedisce di parlare e di scrivere. Bisogna essere chiari su un punto fondamentale con chi, a partire dal quotidiano inglese e dal suo vergognoso commento, pensa che il settimanale satirico parigino sia andato un po’ troppo sopra le righe e se la sia cercata. Noi abbiamo tutto il diritto di criticare, di polemizzare, anche di denunciare chi scrive un articolo contro di noi. Non abbiamo nessun diritto di ammazzare. E non c’è nessuno che possa essere responsabile del proprio omicidio per aver manifestato un pensiero. Nessuno può andare oltre le righe della sua condanna a morte. Nessuno. E siccome nessuna religione colpita dalla satira più velenosa ha prodotto mai violenza, non si capisce perché questa possa essere spiegata se non giustificata dai soli più estremi interpreti dell’islamismo. Solo perché ne abbiamo paura? Ma la paura non è già un atto di sottomissione?