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Vi dispiace se parlo un po’ di noi?

2 Febbraio 2015 2.072 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Possiamo fare un bilancio dell’elezione di Sergio Mattarella? Possiamo introdurre valutazioni sulla duplice tenuta del quadro di governo e del patto per le riforme? In parte ho già scritto il mio pensiero che voglio solo sintetizzare così: ha vinto Renzi, che è riuscito a compattare il suo partito ed estendere i consensi addirittura oltre i confini delle forze che dovevano appoggiare la candidatura di Mattarella. Per la prima volta si parla infatti di franchi sostenitori. Che a mio avviso sono anche più di quel che sembra se un numero cronico di franchi tiratori è comunque venuto alla luce. Hanno anche tentato di contare i voti, come si fece col metodo Mastella a proposito dell’elezione di Marini a presidente del Senato nel 2008. Diversificando l’espressione del nome e del cognome. Con sigle, punti, virgole. Il voto segreto è divenuto controllato. Corretto? Ne dubito.

Ha vinto ancora una volta la vecchia Dc. Con Renzi segretario del Pd e presidente del Consiglio e Mattarella alla presidenza della Repubblica hanno ragione quanti, pressoché tutti, hanno richiamato la vocazione ex democristiana prevalente del Pd e il tramonto della sua classe dirigente ex comunista. Potremmo dire: ben gli sta. Hanno evitato l’unità socialista dopo l’89 per non finire in braccio a Craxi e sono finiti in braccio alla balena bianca. Contenti loro… Già ho richiamato il fatto che proprio a fronte dell’elezione del presidente della Repubblica sono riapparse le vecchie identità. Mattarella è stato un dirigente e ministro della Dc con Goria, De Mita e Andreotti dal 1987 al 1990, parlamentare per 25 anni, dal 1983 al 2008.

Si è dimesso dal governo su ordine di De Mita assieme agli altri ministri della sinistra democristiana nel 1990 ed è riemerso ancora come ministro con D’Alema e Amato tra il 1998 e il 2001. Dal 2011 è giudice costituzionale. Se ci pensiamo ha un pedigree simile a quello di Giuliano Amato. Anzi un po’ meno autorevole perché Amato è stato per due volte anche presidente del Consiglio. Mattarella è degno di salire al colle, Amato invece no. È vero che a Renzi importa poco il passato, non è particolarmente appassionato di storia, almeno a sentire di come parla di Berlinguer e di Craxi. Ed è giusto quel che Nencini mi ha risposto. La scelta di Mattarella era quella che più della candidatura di Amato univa il Pd. Viene però spontanea la domanda: perchè?

È vero che la nuova classe dirigente del Pd, più ancora dei vecchi ex comunisti oggi in disuso, non ama i socialisti, forse neppure quelli europei. Sono più figli di Veltroni, che è nato kannediano, che non nipoti di Napolitano. Sono anti identitari ma se proprio devono salvare qualcosa salvano Dossetti, La Pira, qualche pagina di Fanfani. Bé, che altro è Mattarella? Il Pd in questo momento non è la somma di ex democristiani ed ex comunisti, ma la prosecuzione, l’attualizzazione e la sintesi del cattolicesimo progressista e in parte della stessa sinistra Dc. La quale si spinge per amore del vecchio partito anche ad esaltare De Gasperi, che di Dossetti fu avversario e la causa del ritiro dalla politica di quest’ultimo. Una sinistra Dc generosa anche con la destra. Costoro non possono sputare nel piatto di chi li ha appoggiati e legittimati. Dunque se hanno eliminato gli ex comunisti, non hanno eliminato la loro storia. Anzi, certo strumentalmente, finiscono per esaltare Gramsci e l’Unità, Berlinguer, e perfino Togliatti al quale la Camera ha riservato una mostra nel cinquantesimo della morte.

Noi, invece, siamo praticamente scomparsi sia come partito sia come storia. Per colpa di chi, direbbe quel tale? Penso che la colpa sia anche un po’ nostra. È vero. I democristiani e i comunisti, soprattutto i primi, hanno saputo mantenere una qualche forma di solidarietà tra loro. Anche nella divisione politica più netta, hanno creato fondazioni unitarie, sul piano storico esaltano la loro tradizione, e quando si parla di eleggere uno di loro si uniscono tutti. I socialisti invece hanno cominciato a litigare dopo la fine del Psi e continuano, quelli residui e viventi, a litigare ancora accapigliandosi su chi ha tradito e chi no, su chi è a destra e su chi è a sinistra. Perfino sulla candidatura di Amato non ho sentito unanimità. Stefania Craxi ha usato termini molto duri su Amato, e così altri compagni e amici su Facebook. Altri hanno taciuto. Peccato.

Stanno cancellando la nostra storia e la nostra identità di socialisti italiani, riformisti e liberali e noi non sappiamo nemmeno unire le energie residue in un unico grande sforzo contro la nostra estinzione. Da Caldoro a Cicchitto, da Martelli a Formica a De Michelis, da noi che siamo nel PSI ad Epifani e La Ganga che sono nel Pd, da tutti quelli che pensano che le nostre conferenze programmatiche, i nostri congressi, i nostri Mondoperaio, Critica sociale, Avanti, le nostre elaborazioni culturali, le nostre riforme sociali e civili, tutto questo ed altro, debbano vivere, quanto meno nella memoria, ma io penso anche nella politica, serve un segnale. Assieme ai radicali e quell’area laica che ha sempre rappresentato il 20 per cento degli italiani e che oggi non è praticamente più rappresentata in Parlamento serve un segnale di vita, serve una luce di speranza.

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