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Divisi anche sull’Isis?

19 Febbraio 2015 1.306 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Certo qualche scalpore hanno suscitato le dichiarazioni disgiunte di Gentiloni, della Pinotti e poi le smentite di Renzi. Non si parla dell’Italicum, ma della guerra. Le esternazioni dovrebbero essere quanto meno concertate su argomenti simili. Altrimenti si rischia di non essere credibili e di fare la fine di chi gridava al lupo. Ha fatto bene il nostro Nencini a lanciare un allarme e a chiedere uniformità di intenti e di espressioni. Che Gentiloni abbia sostenuto la necessità di un intervento e che la Pinotti abbia chiarito che 5mila soldati erano pronti non ce lo siamo inventati noi. Che poi questo significasse che l’intervento italiano dovesse avvenire nell’ambito dell’Onu era evidente. Renzi ha ribadito la necessità di un’assunzione di responsabilità delle Nazioni unite, ma pare avere escluso invece un intervenenti militare italiano, almeno per il momento. Vedremo gli sviluppi.

Sull’Isis non ci si può dividere. Lo dico anche a Grillo e a Salvini. Quest’ultimo, che non votò la risoluzione che autorizzava il governo a inviare armi alla resistenza curda, adesso non è chiaro cosa voglia. I pattugliamenti delle coste libiche si possono fare solo in assenza del nemico che ha conquistato diversi tratti di costa e si appresta a invadere Misurata. Grillo continua con l’ironia e non solo ha votato contro l’invio di armi, ma non vuole sentir parlare di intervento militare. Vorrei capire bene qual’è la posizione dei Cinque stelle. Lasciar fare? Consentire che la Libia diventi uno stato terrorista? Applaudire alla vittoria dei tagliagola?

Bisognerebbe evitare di sproloquiare. Soprattutto a fronte di quel che sta accadendo a pochi chilometri di distanza da noi. Dinnazi a noi si manifestano due pericoli. Uno è quello di una Libia nelle mani dell’Isis senza che l’Italia abbia creato una protezione adeguata del suo fronte Sud. Secondo gli esperti militari, in primis il generale Arpino, la Libia non sarebbe in grado di raggiungere le nostre coste con gli armamenti attuali. Ne siamo sicuri? Siamo convinti che oggi, e soprattuto domani, i terroristi non siano in grado di dotarsi di armamenti adeguati? Il secondo pericolo è quello di un’invasione dal mare di clandestini tra i quali potrebbero nascondersi anche gruppi di terroristi. È vero che coloro che finora ci hanno colpito sono pressoché tutti di nazionalità europea, ma a questi potrebbero presto aggiungersene altri, secondo il proposito di attacco a noi manifestato dall’Isis.

Dunque abbiamo un duplice compito. Frenare, quanto meno, l’avanzata dei jidaisti, e controllare l’espatrio clandestino dalla Libia. L’una e l’altra operazione saranno possibili solo con un intervento armato da terra, attuato, se possibile, da milizie arabe e l’Egitto dopo il massacro dei cristiani copti, nonché la Giordania, dopo il rogo del suo pilota, paiono pronte. Non bastano e servono anche milizie iraniane, irachene, per quel che ne sono rimaste, e soprattutto dell’Arabia Saudita, la grande assente. Ma serve anche un apporto, non so se solo in armi o anche in milizie, dei paesi occidentali, Italia compresa, anzi Italia in primis, perché siamo noi i più prossimi al territorio del terrore. Non si possono tenere aperti due conflitti. Uno in Medio-oriente e l’altro in Ucraina. Bisogna scegliere il male maggiore. Che è l’Isis. Anche perché la Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu e se vogliamo l’Onu dobbiamo avere la Russia. L’importante sarebbe decidersi. Stiamo scherzando col fuoco.

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