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Consiglio nazionale: la sfida del tre per cento

16 Marzo 2015 1.104 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Si è concluso, dopo un ampio dibattito sulla relazione del segretario Nencini, il Consiglio nazionale del Psi che ha approvato a maggioranza un documento politico che lancia la sfida del tre per cento. I socialisti non si rassegnano e, pur confermando la fiducia al governo del quale sono parte, tracciano un cammino difficile, ma appassionante per il loro futuro. Danno appuntamento agli Stati generali del riformismo al quale inviteranno forze politiche, movimenti e singole personalità interessate a rianimare in Italia l’area liberalsocialista.

Una parte minoritaria di compagni ha presentato un documento alternativo che proponeva l’uscita immediata del Psi dal governo Renzi e dalla maggioranza, poi gli stessi hanno deciso di non partecipare al voto, perché non si svolgeva per appello nominale, ma per alzata di mano. Il presidente dell’assemblea Carlo Vizzini ha precisato che lo statuto non prevedeva quel tipo di votazione. Si è acceso un vivace confronto che ha indotto i compagni firmatari del secondo documento (Bartolomei, Biscardini, Sollazzo e altri) ad astenersi dal voto.

Personalmente ho affrontato la discussione osservando che il percorso per dotarci di una zattera potrebbe anche portarci a scindere le nostre posizioni da quelle del Pd, qualora l’imbarcazione si rivelasse pronta per salpare in mare. Consideriamo il fatto che con la nuova legge elettorale non ci saranno più le coalizioni con gli apparentamenti, ma solo le liste. Adesso, però, uscire dal governo e dalla maggioranza privi di una semplice scialuppa significa finire in mare aperto con annegamento certo. Il governo Renzi non entusiasma nessuno. Renzi lo trovo interessante solo quando sento parlare Landini. Ma oggi l’uscita dal governo e dalla maggioranza ci porterebbe diritti in braccio alla sinistra radicale.

Noi dobbiamo però fare di più. La sfida la possiamo lanciare sulle idee. Lì non è necessaria la quantità, ma la qualità. L’Avanti si è messo a disposizione per fornire contributi. Sul Jobs act smettiamola anche tra noi di sventolare bandiere. Basta con la logica del “giù le mani”, ieri e anche oggi dalla Costituzione, dallo statuto dei lavoratori, dalla scuola pubblica. I riformisti, i liberalsocialisti non hanno paura della sfida della modernità. Ma la devono governare nel segno dell’equità e della democrazia. Della democrazia che la riforma istituzionale e delle province certo non esalta. E che la nuova legge elettorale, con la prevalenza di nominati, non preserva.

Propongo maggiori protezioni sociali per i lavoratori licenziati, un processo che ci porti, come in Germania, alla cogestione nelle aziende, una più incisiva azione contro i lavori disumanizzanti, oggi che l’età pensionabile è cresciuta e i lavoratori anziani non possono svolgere attività usuranti. Propongo di lanciare in tutta Italia l’Associazione Interessi comuni, che tutela il cittadino dall’abuso di potere delle banche. Propongo di predisporre una posizione sulla riforma della scuola, che apra al confronto pubblico-privato. No a finanziamenti a pioggia alle scuole private, sì al finanziamento attraverso un bonus, calcolato sulle media costo degli alunni nelle scuole pubbliche e non sulla retta delle private, perché gli studenti possano scegliere liberamente la scuola da frequentare.

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