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La posta in palio

29 Aprile 2015 1.129 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Abbiamo più volte sottolineato i punti critici dell’Italicum. Anzi abbiamo più volte manifestato la nostra contrarietà di fondo a un modo di procedere per rattoppi, e senza un modello di Stato. Senza affrontare la scelta di fondo tra modello presidenziale e parlamentare, dal quale dovrebbe discendere anche la legge elettorale più coerente. Ciò detto occorre sottolineare anche le incongruenze dei contestatori dell’ultimo miglio. Prendiamo Forza Italia che vota contro la costituzionalità delle legge alla Camera dopo averla approvata con piena soddisfazione al Senato. E che dire di Brunetta che ne ha delineato il carattere fascista dopo che i suoi senatori ne avevano esaltato il significato democratico?

Anche la minoranza del Pd non appare coerente. Perché Bersani e i suoi non hanno appoggiato, quando il piccolo Psi l’aveva avanzata, l’idea della elezione di un’assemblea costituente? E perché hanno accettato il premio di lista che può andare bene ad Alfano che di coalizioni non ne vuole sapere visto che non vuole finire con Salvini né può allearsi col centro-sinistra se non altro per incompatibilità lessicale, ma che certo, spero che ne siamo ben coscienti noi socialisti, rende ben più temeraria, se non impossibile, la formazione di una lista che punti al tre per cento, fuori da ogni alleanza.

È vero, sono stati apportati miglioramenti alle legge: sugli sbarramenti, sulle preferenze, sulla parità di genere, sulla soglia per accaparrarsi il premio. Ma sostituendo il premio alla coalizione col premio alla lista si introduce un sostanziale mutamento dello stesso sistema politico-elettorale. Vedo che ancora i giornali, i grandi padroni dei talk show, perfino i sondaggisti non lo hanno compreso. Parlano ancora di centro-destra e di centro-sinistra, poi di liste di partito, ipotizzando che al ballottaggio possano andare PD e grillini. Che professionalità e che profondità di analisi. Non ci saranno più, con l’Italicum, centro-destra e centro-sinistra come alleanze, e non ci saranno, tranne eccezioni, liste di partito.

Si formeranno liste di coalizione. Da un lato quella del PD che si aprirà ai suoi alleati per tentare di superare al primo turno il 40 per cento. Dall’altro quella di Forza Italia, con Lega e Fratelli d’Italia per tentare di competere, come seconda lista, verso lo stesso obiettivo. A meno che i partiti di centro-destra scelgano, presentandosi divisi, di perdere ancora prima di cominciare la campagna elettorale. La rivoluzione del sistema elettorale non è detto che porti poi alla rivoluzione del sistema politico. Questo per due motivi. Il primo è attinente il rapporto tra liste e partiti. Si possono presentare liste di coalizione che poi si sfasciano il giorno dopo le elezioni. Il secondo attiene la situazione interna dei partiti. Oggi nel Pd si scontra non solo la maggioranza e la minoranza del partito, ma la maggioranza e la minoranza del paese. E non su una questione marginale, ma sulla concezione della democrazia. Può anche essere che con le elezioni Renzi faccia piazza pulita dei suoi avversari. Su questo non gli darei torto. Come si fa a restare nello stesso partito se non solo non si vota la fiducia al governo presieduto dal suo segretario, ma se si grida all’attentato alla democrazia?

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