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Rodotà l’irrottamabile

La chiamavano tattica dell’Aquila. Girare al largo a falcate ampie e poi puntare direttamente sull’obiettivo. Così è quando si pensa alla coalizione sociale. Nessuno sa esattamente cosa sia, ma non ce n’è uno dei convenuti all’incontro di Roma che non pensi alla tattica dell’Aquila. Stanno volando attorno all’obiettivo. Landini non vuole fare un partito. Ma nessuno crede che non si stia lavorando per un polo politico e poi una lista che si presenti alle prossime elezioni, collocata alla sinistra di Renzi, dove già stanno Sel e il movimento di Civati “Possibile”, traduzione italiana di quello di Iglesias.

Ufficialmente sono state invitate sigle di associazioni e movimenti. Naturalmente non a caso. Tutte di sinistra, si occupino di cultura, di anziani o di acqua pubblica. In mezzo a tutti (c’erano anche Piperno e Scalzone a testimoniare che si trattava di un’operazione di sinistra) troneggiava dall’alto della sua esperienza ottuagenaria il solito Stefano Rodotà, il principe di tutte le nuove prospettive politiche. Già presidente del Pds nel 1991, e prima per molte legislature parlamentare della cosiddetta sinistra indipendente, poi a capo dei girotondi, degli arancioni, dei “giù le mani dalla Costituzione”, associato ai grillini dai quali è stato lanciato alla presidenza della Repubblica, Rodotà è sempre al centro di tutte le novità. Rodotà, come il famoso stracchino, vuol dire fiducia. Appena sente il profumo di un nuovo piatto si mette a tavola. Ha concluso il suo intervento inneggiando alla coalizione sociale.

Coalizzato sociale e principe di tutti i coalizzati Rodotà è l’unico immortale, immarcescibile, irrottamabile. Quando parla di rinnovamento ci crede davvero. Lui ne è esente. Come vaccinato. Si lancia in nuovi fronti di guerra, come un generale che resta sul monte. Con binocolo e giochi di scacchi sott’occhio. Rodotà è il mito di tutti gli estremisti, i lamentosi, i malinconici, che vogliono sempre tutto quello che non c’è. E per la verità questo lo ha sempre salvato dalla volontà di potere. Come farebbe a lamentarsi, a protestare, a inveire se fosse lui presidente? Meglio soddisfare la sua vanità di professore che la sa lunga e che te la propina con la sua solita voce strozzata dall’emozione. Sincera.

Ho avuto modo di conoscerlo sia pur molto superficialmente. Gentile e fine nell’esprimersi il professor Rodotà è di indubbia e provata cultura, di notevole spessore sulla materia del diritto costituzionale, ma di scarso impatto politico. Generalmente professore di cause perse, ha combattuto con altri professori sempre per il nuovo che non c’è tranne che nel proprio nella sua materia. Quando si parla di riforme costituzionali, dal 1978 cominciò Craxi, diventa idrofobo e conservatore. I coalizzati sociali lo adorano. Sono l’esempio del nuovo che non c’è e del vecchio che rimane. Con le loro certezze ideologiche applaudono il professore che si coalizza volentieri con chi lo applaude. Rodotà vuole dire anche vanità…