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L’offesa di Sabelli

Al Congresso dell’Associazione nazionale magistrati il presidente Sabelli ha sguainato lo spadone. L’accusa al governo di pensare più alle intercettazioni che alla mafia più che una critica è un’offesa, la più grave che si possa lanciare contro il potere politico. Si dice che tutto deve essere fatto e detto per difendere l’indipendenza dei magistrati. Oggi Sabino Cassese sul Corriere precisa tre condizioni che dovrebbero meglio garantire l’indipendenza. Tutte imperniate sulla incompatibilità tra magistratura e politica (l’assenza del Csm sul fenomeno dei magistrati parlamentari che sono triplicati negli ultimi venti anni, il non ritorno in magistratura, e non solo nella circoscrizione d’appartenenza, ma solo nell’avvocatura, dei magistrati che sono stati eletti in organi politici, eguale trattamento per coloro che sono stati designati negli enti). E’ evidente che il problema dell’indipendenza si ponga oggi soprattutto per il potere politico. Possono un governo e un parlamento agire senza che il potere, o l’ordine se si preferisce perché questo è, giudiziario gli scateni contro un’offensiva così condizionante e sprezzante?

Pensiamo se, anziché essere il presidente dell’Associazione magistrati, fosse stato il capo del governo, a pronunciare quella frase. Cambiamo il soggetto e la frase diventa: “I magistrati pensano di più alla questione delle intercettazioni che non alla lotta alla mafia”. Sarebbe scoppiato il finimondo. Scioperi delle toghe e manifestazioni, magari appoggiate da nuovi girotondi con i grillini in testa e poi Rodotà, ancora lui, sul palco. Una frase dei magistrati contro il governo provoca qualche timida risposta, eguale frase del governo contro i magistrati provocherebbe un terremoto. Dunque il problema italiano sta proprio nella disparità, che almeno dagli inizi degli anni novanta si registra, tra potere politico e giudiziario. Con il secondo che forse fino ad allora era troppo succube di quell’altro e che poi lo ha soppiantato con la rivoluzione del 1992. E da allora non ha più voluto cedere quell’immensa quota di potere che aveva conquistato.

Oggi nessuna legge sulla giustizia può prendere forma senza incontri, contributi, critiche, censure da parte dell’organo dei magistrati, peraltro oggi piuttosto diviso, visto che il suo ex presidente Palonara ha preso le distanze da Sabelli. Cos’ha fatto di così grave questo governo per irritare le toghe? Solo due leggi, una per restringere le ferie dei magistrati da 45 a 30 giorni come tutti gli altri esseri umani, poi una nuova legge sulla responsabilità civile del magistrato, ma sempre con procedura indiretta. E infine ha presentato due disegni di legge non ancora approvati, uno sulle intercettazioni, che più che i magistrati prende di mira i giornalisti, e uno sull’allungamento dei tempi di prescrizione, che dovrebbe essere apprezzato dall’Anm. Se il governo presentasse, come sarebbe giusto e come i socialisti solleciteranno alla prossima Conferenza programmatica, un disegno di legge organico di riforma della giustizia contenente la separazione delle carriere, il doppio Csm, nonché l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, quale sarebbe la reazione dei magistrati? Cos’altro potrebbero tirare in ballo più della lotta alla mafia? Qualche malevola voce interpreta questa reazione dell’Anm come un gesto di stizza dovuta alle ferie, l’accorciamento delle quali è stato ritenuto uno sgarbo. Se è così propongo di lasciarli in ferie per 45 giorni ma di separare le carriere. Reagirebbero meglio?