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Il tavecchiese

Il presidente della Federazione gioco calcio Carlo Tavecchio parla così da sempre. Non si esprime in italiano, ma in tavecchiese, un linguaggio che è solo suo. Non ha mai detto niente di offensivo, nemmeno quando ha parlato di Optì Poba che mangia banane. Poteva dire che dobbiamo valorizzare i nostri giovani e non rivolgerci all’estero e tutti avrebbero capito. Ma questo modo di esprimersi non è tavecchiese. Tavecchiese è solo parlare come al bar di Ponte Lambro dove si gioca a carte e si commentano con esempi e battute i fatti del mondo. Poteva dire anche a giugno (ma perché tirar fuori adesso questa intervista?) che lui non è razzista tanto che gli hanno riconosciuto l’impegno per fare entrare nella Coppe europee le squadre israeliane, ma bisogna sempre vigilare quando ci sono di mezzo i soldi. Invece ha tirato fuori la storia dell’ebreaccio. E anche sui gay che bisogno aveva di dire che devono stargli lontano perché lui è normalissimo? Una sbruffonata per dire che tromba che è una bellezza a 75 anni suonati? Deve adesso rimetterci il posto? Scusate, ma prima di eleggerlo non lo conoscevano? Non sapevano come parlava? Non avevano tastato il suo livello culturale? E più in generale non si sono ancora accorti che il governo dello sport italiano è il meno permeabile al rinnovamento? Se si esclude il solo Malagò, date un’occhiata ai presidenti delle Federazioni e vi accorgerete che da decenni sono sempre gli stessi e alcuni, vedasi il caso di Petrucci, passano da una federazione al CONI con biglietto di andata e ritorno. Se diamo poi un’occhiata all’estero e in particolare alla Fifa vengono autentici conati di vomito. Cosa volete che sia Optì Poba e l’ebreaccio in confronto…