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Quel pensionato suicida

Più volte su questo giornale sono stati trattati i temi del rapporto tra il potere della banche e i cittadini. L’associazione Interessi comuni ha un suo spazio sull’Avanti e nel Psi, mentre in tutta Italia sono state promosse iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica, il parlamento e il governo sulla necessità di una svolta. Sono state presentate dai senatori socialisti due proposte di legge (sui guadagni bancari attorno ai fallimenti e sulla centrale rischi, ove se uno entra più non esce, con nefaste conseguenze per la sua attività di lavoro). Alla conferenza programmatica anche di questo ho voluto parlare nella mia relazione come di una questione, al pari del gioco d’azzardo, di forte impatto e caratterizzazione del nostro partito.

Adesso siamo di fronte a due nuovi provvedimenti assai discutibili e dalle conseguenze ancora più negative per il cittadino risparmiatore. Il primo riguarda il recepimento senza obiezione alcuna di una direttiva della Ue che imporrebbe alle banche in fallimento, o anche solo in crisi, di potersi rivalere sugli azionisti, sugli obbligazionisti e perfino sui correntisti con più di centomila euro, evitando o contenendo il soccorso pubblico. Legato a questo provvedimento, così pare, ma Bruxelles lo nega, il decreto governativo per l’aiuto alle quattro banche in seria difficoltà col quale si tutelano i correntisti, ma si affossano gli obbligazioni e gli azionisti. Il provvedimento risale alla fine di novembre.

E al 28 novembre risale il suicidio del pensionato che aveva perso tutto il suo risparmio versato alla Banca dell’Etruria e del Lazio. Nessuno gli aveva parlato di rischi. Le obbligazioni erano garantite. E qui sta il punto. Se una banca rischia è giusto che, poiché si vuole far pagare il conto anche a chi ha obbligazioni garantite e conti correnti, i risparmiatori vengano messi a conoscenza della situazione. Non conoscono i bilanci, non conoscono i movimenti bancari, nessuno parla loro della possibilità di perdere il capitale investito. Anzi, spesso, per non dire sempre, chi ha il rapporto col pubblico e parliamo di dirigenti e funzionari della banca, ma a volte di semplici impiegati, tiene sempre a rassicurare il cliente senza far presente l’esistenza di rischio alcuno. E il cliente, spesso una persona senza particolare cultura in materia, si fida.

La banca assume questo comportamento perché il cliente non si rivolga ad altre banche. Lo fa perché in quegli investimenti la banca ci guadagna e adesso potremmo aggiungere che, dopo il provvedimento che è passato al Senato e non ancora alla Camera, lo farà perché parte del peso degli errori bancari viene scaricato direttamente sul risparmiatore. Quel che emerge oggi dalla nuova situazione è la necessità, da un lato, di cambiare subito il provvedimento governativo e spero che i nostri parlamentari si facciano sentire a tale proposito affinché gli obbligazionisti che hanno ricevuto assicurazione sulla garanzia dell’investimento vengano rimborsati in toto o almeno in parte, e poi, da qui in avanti, occorre introdurre nuove modalità nel rapporto tra banche e investitori e correntisti affinché nessuno possa rivolgersi a chicchessia, senza fare presente i rischi di un investimento e la situazione in cui versa la banca.

Come scrive sul Corriere di oggi Nicola Saldutti a proposito dei 130mila risparmiatori delle quattro banche (Casse di Risparmio di Ferrara e Chieti, Cassa Marche e Popolare dell’Etruria) “i prospetti informativi non erano chiari? Chi vigilava poteva fare di più? Queste banche hanno collocato titoli al di là dei rischi che i clienti potevano assumersi? Sarebbe utile che questi punti venissero chiariti con una certa fretta. Non è necessario scomodare la Costituzione, che tutela il risparmio. Ma neppure ignorarla del tutto”. Ah, già la Costituzione. E ad essa che si rivolgono le associazioni dei consumatori. Con la speranza che su questo punto non sia stata nel frattempo cambiata.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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