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Palazzi e rovine (Il Resto del Carlino, 20 marzo 2016). Palazzo Ruini tornerà all’antico splendore

21 Marzo 2016 1.686 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Inizia con l’esame di Palazzo Ruini un excursus sui palazzi storici e meno storici d Reggio, per illustrarne l’intrinseco valore e lo stato di degrado in cui spesso versano. Si tratta di un’opera di divulgazione e di denuncia che già prese piede con la pubblicazione del volume “Le pene di Reggio, senza veli e vele” che Mauro Del Bue, più volte parlamentare e uomo di governo, nonché amministratore comunale, volle pubblicare nel 2004 in un contesto di degrado ancor più deprecabile. Oggi Del Bue inizia la collaborazione col nostro giornale e parte da Palazzo Ruini, uno dei più prestigiosi immobili della città di Reggio.

Palazzo Ruini tra splendore e degrado, finalmente al restauro

Difficile rinvenire un edificio i cui contrasti emergano in tutta la loro evidenza come Palazzo Ruini, uno degli immobili di maggior pregio architettonico della nostra città, ma che presenta un così alto degrado esterno, una struttura di così tanto valore artistico nei cortili interni e negli ingressi e una tanto insopportabile incuria nelle facciate. Forse è nell’indole dei reggiani rintanarsi senza dare troppo nell’occhio. Ma è davvero inusuale disporre di un tale patrimonio esponendolo così male. Anzi alla fine è lo stesso valore dell’edificio che rischia di deteriorarsi. Recentemente è stato alzato un sostegno delle arcate esterne del palazzo, sotto il porticato di San Pietro, per motivi di sicurezza, all’interno del quale procede il corteo reggiano che anima la città nei nostri sabati del villaggio. Un arnese che sta a dimostrare la fragilità di un edificio che ha cinquecento anni di vita, sia pur attraversati da molteplici interventi e restauri, e purtroppo li dimostra tutti. La fiancata è in stato ancora peggiore, scrostata, annerita e cadente su via San Girolamo, dove la struttura originaria confinava già con altre abitazioni diroccate. Lo stabile presenta infatti tracce di abitazioni preesistenti inglobate nella nuova costruzione. L’impatto esterno qui è invero deprimente, fino a confinare in un recente intervento per l’ubicazione di un ristorante che lo incastra. E rimanda alla memoria la vecchia e decrepita Reggio degli anni cinquanta, quando nel suo esagono abitava solo la gente povera e i più ricchi si erano rifugiati o in campagna o  nelle ville a raggiera del centro storico, mentre già iniziavano a far capolino i primi condomini della periferia. Eppure palazzo Ruini rappresenta uno dei casi più singolari di architettura civile del Rinascimento. Si tratta in fondo del primo palazzo storico in cui ci si imbatte da porta San Pietro, non a caso collocato proprio di fronte all’omonima basilica e in una porzione di territorio ove più frequenti sono le reliquie di tempi antichissimi, come testimoniano, tra l’altro, le tracce recentemente rinvenute della vecchia strada romana. Il palazzo è legato al nome di Carlo Ruini (1456-1530), famoso giureconsulto, che edifica il suo edificio dove già sorgevano le case del padre e dello zio. Sull’architetto che lo concepì non v’è certezza. In molti ipotizzano che sia stato Bartolomeo Spani a cui sono legate diverse opere rinascimentali in quel periodo nella nostra città. Appare invece più credibile che di Spani siano opera le strutture interne, così come si valuta probabile un intervento progettuale del ferrarese Biagio Rossetti (1446-1516) col quale Ruini ebbe rapporti nei suoi continui trasferimenti a Ferrara. La dimora non era ancora ultimata alla morte di Carlo e conoscerà poi diversi proprietari e interventi architettonici. I successori di Carlo si disinteresseranno del palazzo (avranno avuto qualcosa di molto più importante da fare…) e l’immobile, come ricordano nel volume “Le dimore storiche di Reggio Emilia” i due autori Antonio Brighi e Attilio Marchesini, “fu ceduto, agli inizi del Seicento, ai conti reggiani Filippo e Mario Gazzoli. Nel 1894, dopo la scomparsa di Maria, ultima esponente della famiglia che era precedentemente intervenuta con modifiche sostanziali del complesso, la possessione fu venduta a Oliviero Terrachini, ma già nel 1900 la proprietà passò ai Ricchetti, responsabili di ulteriori, pesanti alterazioni dell’impianto antico”. E’opera dei Gazzoli, nel seicento, il restauro della facciata, ricostruita a sei arcate, come la vediamo oggi, e poi nuovamente restaurata nell’ottocento. Anche i negozi ricavati nella porzione che si affaccia alla via Emilia risalgono ad un intervento dei primi del novecento voluto dai Ricchetti. All’interno si stagliano due cortili. Il primo è caratterizzato, nella parte a sud, da un doppio arco con capitello, in quella occidentale da due ordini di archi, mentre il secondo, sul lato occidentale, presenta un ballatoio sorretto da un portico a cinque luci con colonne laterizie, riferibile al XVIII secolo. Roba di pregio anche se di epoca diversa. Quello che rende ancora più prezioso il tutto è l’ampio, solenne scalone a cui aggiungono altri due ingressi, uno da dietro, probabilmente di servizio. Attualmente la proprietà è della famiglia Confetti, Corrado e Paola, eredi di Carlo Confetti, figlio a sua volta di Umberto Confetti e di Anna Ricchetti. Corrado ci ha svelato che il palazzo è stato finalmente venduto all’impresa edile F.lli Bari la quale ha già presentato un progetto di restauro dell’edificio approvato dalla Sovrintendenza. La notizia è ancora calda e rischiara l’orizzonte per ciò che riguarda il destino di questo immobile, di grande pregio, per troppi anni dimenticato, che Corrado Confetti ha ereditato in stato pietoso e che ha voluto vendere a un’impresa che ha già cominciato, sia pure dall’interno, l’opera di ristrutturazione. Nel giro di pochi anni la città potrà così ammirare palazzo Ruini in tutto il suo splendore.

 

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