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Cominciamo a ragionare sul referendum di ottobre

5 Maggio 2016 650 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Partiamo dal presupposto fondamentale e cioè dalla natura del referendum confermativo previsto dalla Costituzione in materia di riforma costituzionale. Si tratta di accettare le norme modificate dalla doppia votazione di Camera e Senato, oppure di rifiutarle tornando alle normative precedenti. Dunque la domanda che dovremmo rivolgerci non è tanto relativa alla completa accettazione della riforma, ma al fatto se questa sia migliore della conservazione dello stato precedente.

Se si potesse decidere quale riforma scegliere, ma non è questo il caso, diciamo subito che noi avremmo scelto una strada diversa e forse anche un contenuto diverso. Avevamo proposto la via maestra della Costituente per avviare un processo di riforme anche più ardito e certo più coerente. Bisognerebbe infatti prima o poi partire dalla risposta fondamentale relativa alla forma dello stato italiano, se essa debba essere presidenziale o parlamentare e da lí far discendere per conseguenza i diversi poteri e le regole elettorali. Si è scelta un’altra via, che contiene pasticci e contraddizioni. Ad esempio, le regole elettorali che non sono sottoposte, non trattandosi di riforma costtizionale, a referendum, e che se lo fossero penso che il nostro no dovrebbe essere deciso, fanno trasparire la più grande contraddizione tra un parlamentarismo de iure e un presidenzialismo di fatto.

Noi non neghiamo che esistano legami tra la riforma costituzionale e l’Italicum, che il mutamento tiepido delle norme previste per l’elezione del presidente della Repubblica non risolvono e che devono cambiare anche per quella relativa ai giudici costituzionali e del Csm (immaginiamo cosa potrebbe avvenire con le norme vigenti con la vittoria al secondo turno dei Cinque stelle). Tutto questo però a me pare più relativo alla natura dell’Italicum che a quella della riforma costituzionale. Non mi convince neppure quella forma di designazione dei senatori attraverso le regioni proprio nel momento in cui alle regioni viene sottratta la maggior parte dei poteri, nella più assoluta indifferenza di tutti i regionalisti e federalisti.

Naturalmente ci sono cose buone: il superamento del bicameralsimo perfetto, la diminuzione del numero dei senatori, il superamento delle materie concorrenti tra stato e regioni, introdotto sciaguratamente dalla riforma del Titolo V da parte della maggioranza ulivista. Si tratta di una riforma che, tutt’altro che perfetta e pienamente convicente, è tuttavia meglio dello stato attuale. E invece il fronte del no, che mette assieme destra ed estrema sinistra, e che non ha certo un minimo comun denominatore nella sua offensiva di merito, continuerà, soprattutto a sinistra, a recitare la vecchia litania del “giù le mani dalla Costituzione”, che peraltro é stata cambiata 35 volte in forme lievi e due volte, da parte dei governi di centro-sinistra e di centro-destra (quest’ultima riforma è stata poi bocciata al referendum) in forme decisamente invasive. Ragioniamo insieme, senza la presunzione di dare ordini e rispettando tutte le opinioni. Abbiamo anche il tempo per poterlo fare.

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