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D’Alema the voice

Come Franck Sinatra nella canzone, anche D’Alema, in politica, trasforma in voce il sentimento di tanti. Lui dice chiaro e tondo quel che altri fanno e tacciono. Naturalmente smentisce perché il detto in questa circostanza si spinge oltre il lecito. E siccome il leader Maximo conosce le regole della vita di partito, è consapevole di averle largamente travalicate. Non si può militare in un partito che propone a Roma un suo candidato al ballottaggio e dichiararsi a favore del suo avversario. E così è molto complicato dimostrare senso di appartenenza a una forza politica che col suo segretario-premier mette in discussione la permanenza stessa del suo governo al referendum costituzionale e far parte del comitato che quella riforma intende bocciare.

Eppure quel che dice (e poi smentisce) D’Alema è esattamente quel che pensano e che faranno gli avversari interni del segretario-premier, la cui stessa esistenza è legata alla sconfitta prima elettorale e poi referendaria di Renzi. Se Renzi perdesse oltre a Roma anche Milano (se poi Fassino riuscisse nell’impresa di finire impiccato all’Appendino la sconfitta si trasformerebbe in catastrofe) la minoranza del Pd potrebbe avere un futuro, per prepararsi poi alla resa dei conti referendaria e al dopo Renzi. Il Pd non è un partito. E’ una sigla che mette insieme tradizioni, strategie, nomenclature incompatibili, incollate per interessi elettorali. E’ il premio di maggioranza che impedisce la scissione. I pochi che hanno sfidato il voto utile per ora non hanno conseguito successi. E si è solo votato alle comunali. Figurarsi alle politiche con l’Italicum…

Quel che incolla il Pd è solo una necessità. E’ un mastice che lo fa un partito diviso strutturalmente. E dunque anche le regole che lo tengono insieme sono anomale. O meglio vengono interpretate in modi originali. Prendiamo la non tax day per festeggiare la fine dell’Imu. Mettiamoci anche il fatto che la si tiene a pochi giorni dai ballotaggi e che la sua strumentalità è davvero un po’ troppo alta. Però che la minoranza del Pd non vi partecipi adducendo i motivi più strampalati, dall’appuntamento col dentista all’assemblea di sezione, desta sorpresa. Meglio D’Alema che dà voce alla opposizione e non al mal di denti… Resta un futuro piuttosto complicato. Perché la sconfitta di Renzi può anche trasformarsi in una vittoria interna dei suoi oppositori (il cambio di maglietta a favore Renzi è avvenuto nel Pd con una velocità impressionante e può ripetersi all’incontrario) ma è assai facile si trasformi in una vittoria politica dei Cinque stelle. E questo D’Alema lo sa, intelligente com’è. E forse lo preferisce anche. Dubito che sia un bene per l’Italia.