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Vincono i Cinque stelle. Renzi capirà?

Le cose sono chiarissime. Ovunque il Pd si trovi allo scontro coi Cinque stelle, come a Roma e a Torino, il partito di Renzi va al tappeto. Si tratta di un dato generale, iniziato con Parma e trasferibile alle elezioni politiche, secondo tutti i sondaggi. Questo perché l’elettorato di centro-destra vota i candidati del partito di Grillo piuttosto che i suoi avversari tradizionali di centro-sinistra. Il dato di Torino è addirittura clamoroso. Partito con oltre dieci punti di vantaggio il buon Fassino è stato surclassato di dieci punti dalla pentastellata Appendino, mentre a Roma il bravo e coraggioso Giachetti ha ottenuto la metà dei voti della Raggi. A Milano e a Bologna, invece, nello scontro tra centro-sinistra e centro-destra, sono ancora i candidati del primo a prevalere, di misura a Milano e, come era facilmente prevedibile, con uno scarto maggiore a Bologna, anche se a Trieste succede esattamente il contrario.

Due parole sul caso Milano. Sala vince, di misura, perché si apparenta con altre liste di centro-sinistra, coi radicali di Cappato, con la lista di Rizzo, mediando e promettendo. Il Pd da solo, o coi soli supporter del primo turno, non ce l’avrebbe fatta. Se estendiamo lo sguardo all’insieme dei ballottaggi ne emerge un dato ancora più clamoroso. In Emilia-Romagna e in Toscana il Pd perde anche contro il centro-destra. Così in Piemonte e nel Sud, con le sole eccezioni della Lombardia, dove si conferma un dato di regresso della Lega Nord, sconfitta addirittura a Varese (gli elettori leghisti varcano il confine che li separa dai grillini). Due parole sugli insegnamenti politici da trarre. Il primo riguarda il governo. Le amministrative non sono oggi un banco di prova favorevole ai governi europei. Basti pensare alla Francia. Governare paesi europei, con la sola parziale eccezione della Germania, è impopolare e logora chi il potere ce l’ha.

Resta tuttavia l’imperativo, lanciato dal nostro Riccardo Nencini, di avviare un fase due del governo. Una fase due politica, che definisca una maggioranza chiara, ma anche economica e sociale, perché la narrazione dell’Italia non è quella reale, la disoccupazione giovanile non accenna a calare, il Pil cresce troppo poco, le tasse diminuiscono di un niente. Forse per rimettere in moto la crescita serve altro che gli zero virgola di flessibilità concessi dall’Europa. Poi occorre che il Pd si tolga la maschera sulla legge elettorale. Anche un cieco vede che l’Italicum è un regalo su un piatto d’argento ai grillini. Apre loro la strada della vittoria al secondo turno.

Quasi sempre le leggi elettorali votate a maggioranza sono il frutto di calcoli che permettono vantaggi per chi le vota. L’Italicum oggi spiana invece la vittoria al maggior partito di opposizione. I Cinque stelle sono stati il primo partito a proporre il premio di lista, visto che sono l’unica formazione politica non coalizzabile. Il Pd, ancora inebriato del successo alle europee, ci ė cascato. Certo non è giusto modificare una legge solo perché ti fa perdere. Ma approvarla senza capire che ti potrebbe far perdere (bastava vedere i sondaggi) è dimostrazione di insipienza, che l’Avanti ha sempre denunciato. Il Pd da solo non ce la fa. Ha bisogno di un’ampia e solida coalizione per vincere. Oltretutto alle porte c’è un referendum rischiosisssimo sul quale Renzi ha scommesso se stesso. Non cambiare nulla è come consegnarsi al suicidio. Renzi non può buttare la testa contro il muro accusando il muro.