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Socialisti, laici, radicali, ambientalisti

Ho sostituito, riprendendo il titolo del convegno nazionale di ieri, l’aggettivo “democratico”, che oggi qualifica un partito per molti versi anarchico, con quello di “ambientalista”, perché credo che il doppio sì che ieri abbiamo pronunciato, e cioè quello per la conferma della legge costituzionale e per un progetto politico che aggreghi diverse e compatibili identità politiche, non possa fare a meno di una cultura e di un movimento politico che alla difesa dell’ambiente direttamente si rapporti. Ho avuto l’occasione di trattare l’argomento con Marco Boato e con Angelo Bonelli che rappresentano l’area del riformismo verde e ho trovato, non sul voto referendario, ma sulla prospettiva politica, piena condivisione.

Un solo sì il loro, ma quello che più si uniforma alla nostra esigenza politica e molto bene ha fatto Riccardo Nencini ad accogliere la richiesta dei verdi italiani ad una formale adesione al loro movimento di un parlamentare socialista, condizione irrinunciabile per ottenere i benefici del due per mille. Ieri era con noi Giovanni Negri, radicale storico e fondatore del movimento la Marianna, e il suo doppio sì, come quello di Benedetto Della Vedova, è stato chiaro e forte. Sul referendum costituzionale entrambi hanno ricordato gli svantaggi e i rischi della bocciatura della legge Boschi. Negri ha scongiurato l’avvento di governi tecnici, di larga coalizione, che sarebbero solo il preludio a nuove elezioni anticipate. Della Vedova ha richiamato i benefici che la legge comporta per l’istituto referendario, con la possibilità di validarne l’esito, a fronte di 800mila firme, in presenza della sola maggioranza degli elettori alle precedenti elezioni politiche.

Mi sono sforzato di dimostrare che il nostro sì è logico, è di merito, è politico. E’ logico, tanto più dopo l’accordo per le modifiche all’Italicum che il Psi e soprattutto l’Avanti, mi sia consentito, avevano richiesto. Logico perché il Psi fa parte della maggioranza e del governo, perché i suoi deputati e senatori quella stessa legge hanno votato. Di merito perché la legge supera il bicameralismo paritario, attribuendo il voto di fiducia alla sola Camera, perché il Senato diventa delle regioni e delle autonomie locali come quello di altri paesi europei, come quello individuato nella varie bozze di riforma degli ultimi trent’anni, perché modifica quel Titolo V voluto dall’Ulivo sotto infatuazione-fobia leghista, perché abolisce l’inutile Cnel, perché istituisce i referendum propositivi e d’indirizzo. Ma il nostro sì anche politico, perché inevitabilmente il no rafforza il soggetto più forte dei contrari, e cioè i Cinque stelle. Tutto posso augurare all’Italia, meno che di essere governata da un ragazzo che prende gli ordini da un comico a sua volta manovrato da una società informatica privata. Dio ce ne scampi.