- L'Occhio Del Bue - https://www.locchiodelbue.it -

L’intervento di Del Bue al congresso di Roma: “Unire socialisti, radicali, verdi”

Turati é il socialismo. Sia quello del suo tempo, sia, nel metodo, quello dei giorni nostri. Lo dipingeva come un divenire costante nelle cose e nelle teste. Non la rivoluzione di un attimo, ma un processo continuo e completo. Abbiamo fatto bene a dedicargli il congresso. Magari augurandoci che anche le teste oggi possano migliorare. Dal fronte di guerra Bobo Craxi annuncia in un dispaccio la sua decisione di andare “oltre’ a noi. Parla a nome dei socialisti “in movimento” e qualcuno sostiene che l’approdo sia il nuovo Dp. Se é così si trasformerebbero in socialisti “Definitivamente persi”.

Un nome, un’identità

Noi siamo i socialisti resistenti che non ci siamo rassegnati al destino di una inevitabile nostra estinzione. Anche lessicale, visto che pare abolita la parola socialista nel vocabolario politico italiano, sostituita con quella di democratico e progressista, per il solo motivo che socialisti siamo stati e siamo tuttora noi. Quasi come se ci si vergognasse di un partito, il Psi, a cui quasi tutti oggi danno politicamente ragione. Eppure, dopo l’ammissione arriva puntale anche l’esaltazione della storia di quelli che hanno sbagliato. La storia diventa falsificazione e conseguentemente la politica assume caratteri paradossali. Quando vedo i quadri della nuova sezione romana del Pd di via dei Caprettari non mi stupisco. E’ una magnifica rappresentazione della storia falsificata. Da Gramsci, a Berlinguer, a Moro, a Nilde Iotti, in diverse sezioni figura anche Togliatti, e questa sarebbe l’iconografia di un partito del socialismo europeo, con l’Unità suo quotidiano, e le sue feste in mezza Italia.

Il paradosso della politica

Qualcuno pensava che gli scissionisti trovassero il modo di chiamarsi Diesse. Vuoi vedere che useranno anche il termine socialista, come vorrebbe Enrico Rossi, si pensava. Democratici e socialisti. E invece no. Per non chiamarsi socialisti, hanno anche rinunciato a chiamarsi Diesse, rinverdendo il vecchio nome di un segmento dell’estrema sinistra: Dp. Che almeno accennava al proletariato. Auguri. Il Pd si trova cosi tra due fuochi, uno esterno attizzato dalla rinvigorita intelligenza demolitrice di D’Alema e l’altro interno, alimentato da primarie senza logica e dalle candidature di Orlando e di un Emiliano pugliese che conferma un vecchio assunto: Quando un magistrato si butta in politica a rimetterci non é la magistratura ma la politica. Il nostro Formica, un gatto dalle sette vite, che ha compiuto 90 anni e continua a graffiare ha definito le primarie del Pd quelle tra il figlio di un inquisito, un testimone e un ministro della giustizia. Ci sta questo paradosso nella politica dei paradossi.

La falsificazione della storia

Nei giornali, in tivù, ormai anche nei libri che si studiano a scuola si raccontano pagine di storia falsificate. Durante la campagna referendaria un leit motiv era l’accenno al patto costituzionale tra Dc e Pci nel 1946 e nessuno ricordava che i socialisti alle elezioni per la Costituente del 1946 risultarono il secondo partito col 20,6 per cento davanti ai comunisti. Cancellati. Per non parlare dei nostri 25 aprile, dove sono comunisti e cattolici ad avere imbracciato i fucili, dimenticandosi non solo dell’eroe Sandro Pertini ma dei martiri Bruno Buozzi e Colorni e prima di Rosselli, e di Nenni che perdette una figlia ad Auswuitz. E di tanti altri, le brigate Matteotti di Corrado Bonfantini, del comandante Iso, Aldo Aniasi. Di moltissimi altri.

Quando si falsifica la storia a rimetterci è la politica. Ne risulta intossicata, infedele, incoerente. Paradossale appunto.

Non è che in questa sciagurata seconda repubblica mai nata dobbiamo dolerci perché non é rinato il vecchio Psi, ma perché non é nato, contrariamente al Pci e alla Dc, l’erede politico del Psi. Ma solo vaghi pretendenti o veri e propri usurpatori che rivendicano un’eredità deformandola. Siamo ancora qui per un dovere. Perché oltre a noi ad affermare un’identità e una storia e aggiungo oggi un nome non c’é nessun altro al di fuori di noi. Siamo drammaticamente soli. Il primo obiettivo é dunque quello di non mollare, di difendere un’identità e una tradizione. Compito nobile, il nostro. Compito che ci responsabilizza. Che esalta la nostra funzione che é insieme storica e politica.

Poli raddoppiati, partiti frantumati

Il panorama della sinistra italiana é da sceneggiata napoletana. Una frantumazione-dissoluzione senza forse ritorno Ci sono i comunisti di Rifondazione con Ferrero, forse anche quelli del Pdci dilibertiano, quelli del nerboruto Rizzo che si crede il nuovo Lenin, poi Sinistra italiana, nata e già divisa in due, il nuovo Dp degli scissionisti, il Pd diviso almeno in tre, il Psi, costretto a ripetere un congresso dai contestatori,i verdi semi scomparsi dopo Attila Pecoraro Scanio, i radicali divisi in due, l’italia dei valori immobiliari che non classifico di sinistra ma solo a basso costo di mercato, il movimento arancione di De Magistris, poi forse c’ë Pisapia che per unire ipotizza la nascita di un altro soggetto. Questo é il risultato di un duplice fallimento: quello della mancata omologazione dell’Italia all’Europa dopo l’89 e quello dell’incubo americano di un Veltroni, ex dirigente del Pci e mai stato comunista, che s’era messo in testa di passare dal bipolarismo al bipartitismo. Col risultato che i poli sono subito aumentati e i partiti proliferati. Quando ha saputo che il Pd usava gli slogan del partito democratico anche la Clinton ha perso le elezioni.

Gli errori del renzismo e il neo garantismo

Renzi ha tentato l’impossibile. Cacciare i post comunisti dalla politica ed esaltare la loro storia. Creare così un partito centauro. Agli ex comunisti i simboli, agli ex democristiani il potere. Non poteva durare. Ha contrapposto alla vecchia lotta di classe, la lotta delle classi di età, come scrive ugo intini nel suo ultimo libro. Compagni di classe, più che di partito, nei banchi del governo, considerando l’esperienza un difetto e l’inesperienza una virtû, la politica come il gioco del calcio dove l’importante è vincere e la legge elettorale come il giro d’Italia dove la sera stessa si deve premiare il vincitore. Forse anche col bacio della miss. Poi ci s’accorge che il clima cambia e la legge elettorale sembra fatta apposta per far vincere l’avversario. E si aspetta la Corte come Babbo Natale. Nell’Italia dei paradossi è normale. Il Mattarellum voluto dalla sinistra ha fatto vincere Berlusconi, il Porcellum ideato dal centro destra ha fatto vincere Prodi, l’Italcum di Renzi avrebbe fatto vincere i grillini che avevano presentato una legge che li avrebbe fatti perdere. Pensate anziché la legge pro domo loro hanno inventato la legge di esclusivo vantaggio per gli avversari. Una legge per il suicidio assistito.

Tuttavia non me la sento në di schierarmi coi detrattori del giorno dopo, né di plaudire ai movimenti di una magistratura sempre pronta a colpire i politici indeboliti. Vedo che ë di moda oggi sostenere un po’ ipocritamente che si ha piena fiducia nella magistratura. Piena fiducia? Personalmente non ho alcuna fiducia nel presidente della Anm dottor Davigo che sostiene che di eccessivo durante Tangentopoli ci sono state solo le scarcerazioni. Mi viene in mente la fine di Gabriele Cagliari, mio conterraneo, atroce. E la sua lettera struggente ai suoi famiiari e mi commuovo ancora. Separare le carriere dei magistrati, questa la sollecitazione che proviene dal convegno della Marianna del compagno Giovanni Negri. Ripresentiamo subito la proposta di legge della Rosa nel pugno, primo firmatario Enrico Buemi e sottoscritta alla Camera anche da chi vi parla. Che sia il primo atto da compiere dopo il congresso. Lo so. Si dice, ma gli altri non sono stati garantisti con noi. Renzi non lo è stato con la Cancellieri e Lupi. Noi non abbiamo mai considerato un avviso di garanzia come una condanna. E continuiamo nella stessa convinzione oggi. L’incoerenza e il doppiopesismo lasciamoli agli altri. Se ti comporti con un avversario come lui si è comportato con te non sei piu tu. Diventi lui. Restiamo noi stessi. Sempre.

Le buone leggi, la mancata crescita e il referendum perso

Il governo Renzi ha fatto anche cose buone e non dimentichiamo che il Psi ha scelto di inserirvi il suo segretario. Renzi, contrariamente a Letta, ha aperto le porte del suo governo ai socialisti e personalmente ritengo che il jobs act e la buona scuola siano buone e utili leggi, come non dimentico che una legge sulle unioni civili non pienamente soddisfacente e stata finalmente approvata e che se il Pp é entrato nel Pes il merito e di Renzi e non di Bersani. L’errore di contenuto è stato quello di non concentrare la politica economica sugli investimenti pubblici e sulla detassazione di quello privati alzando il Pil e con esso riducendo deficit e debito, ricorrendo anche a una patrimoniale e a una spending review fallita. Quello politico, che gli ë costato caro, di non elegere Amato alla presidenza della Repubblica e di rompere cosi il patto del nazareno che gli sarebbe stato utile nella contesa referendaria.

Il governo Frankestein

Dinnanzi a noi si potrebbe recuperare il vecchio detto di Mao “Alta é la confusione sotto il cielo la situazione è eccellente”. Sennonché prima di noi ci sta l’Italia e tutto si puo pensare per difenderla e migliorarla tranne agevolare la vittoria del movimento grillino, piazzando un rragazzo senza alcuna cultura alla presidenza del consiglio, a mo di cavallo caligoliano, comandato da un comico, a sua volte agli ordini di una società privata d’informatica. Un conflitto d’interessi che potrebbe perfino fare impallidire quello di Berlusconi? Se e questo che gli italiani vogliono, se nonostante i raggi di buio completo che hanno offuscato il Campidoglio intendono votare massicciamente per loro ne prenderemo atto e se dopo le elezioni l’unica maggioranza numerica fosse quella tra Grillo, Salvini e la Meloni, e si formasse davvero il governo Frankestein consiglio di mandare a letto presto i vostri bambini. Nell’Italia dei paradossi se ne aggiungerebbe uno davvero clamoroso. Meno male che il populismo italiano è diviso. Altrimenti potrebbe essere maggioritario, visto che tutti i sondaggi non danno altra possibile maggioranza, nemmeno quella del nuovo patto Renzi-Berlusconi. Che sarebbe la più a sinistra possibile.

Finito il Pd uno si passa al Pd due?

S’io fossi Renzi, mi si consenta questo traffico d’influenze illecite, prenderei atto che il Pd uno é finito. Che l’afflato di un partito post identitario, ma con due culture prevalenti, quella post comunista e post democristiana, si ë scemato e che bisogna lanciare il Pd due. Che bisogna uscire dalle anomalie, dai paradossi, dalle falsificazioni, che occorre che un partito del socialismo europeo sia anche il partito del socialismo italiano, che il suo o uno dei suoi organi sia l’Avanti e sua rivista Mondoperaio che se esiste via Togliatti, che ebbe la storica responsabilità dell’eliminazione del partito comunista polacco può esistere anche via Craxi che ha la storica responsabilità del finanziamento illecito anche degli altri. Se fossi Renzi farei un appello solenne e ufficiale si socialisti, ma anche ai radicali e ai verdi ai liberali a lanciare il progetto del Pd due, non limitandomi a frenare l’emoraggia della scissione regalando qualche zuccherino ai post comunisti rimasti. Ma non sono Renzi. Se questo, come e assai probabile non avverrà, il Pd ma anche il Dp si rassegnino a non contare su di noi. In un partito anzi i due partiti senz’anima un partito per quanto piccolo ma che un’anima ce l’ha non può dissolversi.

Il polo socialista, radicale, ambientalista

A prescindere dal Pd noi dobbiamo unire un’area più vasta. Partendo dai programmi che rispondano alle esigenze del paese. Essere socialisti oggi ha ancora un significato. Il valore dell’equità e della presenza dello stato nell’economia e aggiungo con norme regolatrici nei mercati finanziari, é alto. E aggiungo mai come oggi visto che stiamo vivendo nuove drammatiche disuguaglianze, ma l’equità non é sufficiente. Occorre la democrazia. Quella che per anni é stata al centro delle magnifiche lotte dei radicali. E che é oggi quanto mai di attualità, sui valori della vita, della sessualità, della morte, ma anche rispetto a un sistema dell’informazione non democratico e ai poteri delle banche della giustizia, che dobbiamo modificare con la separazione delle carriere dei magistrati. La la libertà da sola non basta. Occorre anche il rispetto per l’ambiente, nel mondo, in Europa e anche in Italia dove troppi sono i disastro causati da terremoti e inondazioni. Da solo l’ambientalismo però non basta. Ma l’equità, la libertà, l’ambientalismo insieme possono cementare una nuova organizzazione, alleanza, polo che oggi non c’è. E non era questo che intendeva Riccardo Nencini dopo il 2013 quando propose di andare oltre il Psi subito contestato proprio da coloro che oggi temono la nostra annessione al Pd?

Gli errori nostri

Non sarebbe onesto non ammettere anche i nostri errori. Non parlo del referendum perché non vedo quale altra mai poteva essere la nostra posizione. Siamo un partito di governo, i nostri parlamentari avevano votato la riforma costituzionale, potevamo mai noi assumere una posizione diversa? Penso all’idea di Riccardo che ho appoggiato dopo il 2013 di cercare una nuova alleanza liberalsocialista. Dovevamo insistere e abbiamo invece lasciato cadere la giusta intuizione. Penso all’Italicum contro il quale subito si ë schierato il mio Avanti e proprio contestando l’assurda anomalia del ballottaggio poi dichiarato incostituzionale. Forse sarebbe stato opportuno votare contro alla Camera. Penso alla nostra conferenza programmatica. Dopo l’ottima elaborazione della due giorni di Roma si poteva immaginare una pronta mobilitazione del partito sui sei temi trattati e la conseguente presentazione di altrettante proposte di legge parlamentare. Anche sul garantismo penso che qualche parola in più sulla insopportabile commedia da voyeur di periferia che ha riguardato Berlusconi poteva essere spesa. Ma guardiamo avanti.

Le nostre proposte

Snoccioliamo le nostre proposte. Dalla Costituente per le riforme costituzionali, alla revisione del trattato di Maastricht per separare spesa corrente e investimenti, al modello tedesco della cogestione, alla nuova legge sul fine vita rispetto alla quale rivolgo un apprezzamento per l’ottimo lavoro della nostra Pia Locatelli, vice presidente del Partito socialista europeo, mentre proprio oggi la nostra Elisa Gambardella si candida alla segreteria dei giovani socialisti europei, penso all’amnistia finanziaria per i condannati a vita dalla centrale rischi delle banche, Riccardo ha definito in fiorentino “una bischerata” l’abolizione totale dei voucher. Vorrei aggiungere che tra i principali fruitori dei voucher risulta proprio la Cgil, oltre alle cooperative.

Il congresso dell’unità e quello del rinnovamento

Penso che questo debba essere il congresso dell’unità in vista delle prossime elezioni politiche, dove il partito deve riuscire a confermare la sua presenza in Parlamento. Se riusciremo a varcare il confine del 2008, vedremo quale sarà la legge elettorale e in base ad essa quale dovrà essere la nostra collocazione, dopo dovremo costruire il nuovo partito socialista e investire sulle nuove generazioni che ci sono e che devono garantire il futuro del nostro partito. Noi possiamo dare una mano. Loro dovranno guidare il partito. Voi, meravigliosi compagni che continuate a manifestare il vostro amore, la vostra passione, il vostro attaccamento a questo nome, a questa storia, a questo partito, siete la garanzia che ci sarà un domani.

Vi dedico una massima di Jonh Stewart Mill “Una persona con una fede ha lo stesso potere sociale di 99 che hanno solo interessi”. Voi siete così.