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Il manifesto di Carlo Calenda

13 Dicembre 2018 557 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Pubblicato con enfasi su Il Foglio il manifesto di Carlo Calenda sviluppa analisi e proposte degne del massimo interesse. Si rivolge a tutti gli europeisti, ai progressisti, agli antisovranisti e antipopulisti con l’idea di creare quel fronte repubblicano del quale l’ex ministro e neo iscritto al Pd ha parlato più volte. La sua analisi non è originale. Tutto parte da una consapevolezza sbagliata. E cioè che dopo l’89 l’Europa e l’occidente avessero vinto una battaglia definitiva e imboccato una strada “senza inciampi grazie al mercato e multiculturalismo, secolarizzazione, multilateralismo, abbandono dello stato nazionale, generale aumento della prosperità e mobilità sociale”.

Invece “l’occidente é a pezzi, le nostre società sono divise in modo netto tra vincitori e vinti, la classe media si è impoverita, la distribuzione della ricchezza ha raggiunto il livello degli anni Venti, l’analfabetismo funzionale aumenta insieme a fenomeni di esclusione sociale sempre più radicali”. La globalizzazione ha arricchito, anche se in modi contradditori, i paesi poveri, ma ha fortemente indebolito le classi medie in particolare del nostro continente. Poi una previsione negativa, ma realistica. I prossimi quindici anni saranno i più difficili, caratterizzati dall’invecchiamento della popolazione, dall’insostenibilità dei sistemi pensionistici e dalla bassa crescita che porterà, abbinata al processo tecnologico che sta annullando molti mestieri, alla diminuzione del tasso di occupazione. Nuovi lavori si stanno creando e “le nuove professioni che si svilupperanno con l’innovazione saranno in grado di coprire i posti di lavoro perduti solo se politiche pubbliche adeguate verranno messe immediatamente in campo”. Per questo é necessario rilanciare una nuova e attiva funzione dello stato e della politica.

L’idea del manifesto Calenda é quella di uno stato forte, ma non invasivo, che non butti soldi per Alitalia o Ilva, che garantisca i più deboli, quelli che chiama “i perdenti”, ma contemporaneamente allargando la base dei “vincenti”. Mi sovviene la nostra vecchia intuizione dell’alleanza tra merito e bisogno. Gli sconfitti vanno protetti col Rei, con nuovi ammortizzatori sociali, con politiche attive contro le delocalizzazioni all’estero, col salario minimo. I vincenti vanno supportati con infrastrutture materiali (viarie, industriali come Piano impresa 4.0) e immateriali (cultura, università, scuola). Per farlo occorre tenere in sicurezza il paese, dal punto di vista economico e finanziario, perché il nostro debito va comprato e anche, proseguendo il piano Minniti, bloccando l’immigrazione alla fonte grazie a patti coi paesi d’origine.

Infine una nuova idea di sovranità all’interno della Ue, unico nostro contenitore di vita, di sviluppo, di futuro. Interessante anche quell’idea di rilanciare la conoscenza in un mondo sempre più specializzato e tecnologizzato, proprio nel momento in cui prevale una sorta di “nuovo analfabetismo” e la necessità di rispondere “alla paura” che si fortifica e si allarga sempre più nella società contemporanea. Un manifesto che Calenda definisce dei progressisti e personalmente preferirei chiamarlo dei riformisti, che intende rilanciare un fronte (preferirei, per analogia di un evento storico assai negativo, chiamarla alleanza) repubblicana. E che si rivolge all’insieme della forze dell’opposizione al governo cinico del “fai da te”. Dunque a un raggio che va da Forza Italia fino alla sinistra. E che ben si inquadra in una futura e necessaria alleanza europea tra socialisti, popolari e liberaldemocratici, unico argine al pericolo sovranista e populista.

Non è chiaro se Calenda intenda procedere anche senza il Pd, impegnato in un congresso (parliamo del Paese e non del “Piddì o del Piddò, ha ammonito lo stesso Renzi) che appare potenzialmente deflagrante. Credo che i socialisti debbano essere della partita, coi radicali e i nuovi compagni di viaggio di provenienza laica, ambientalista, riformista. Le elezioni europee saranno il banco di prova più importante di quello che potrebbe annunciarsi come nuovo sistema politico italiano. Una grande trasformazione che si annuncia, soprattutto per le forze riformiste, non dissimile da quella avvenuta appunto a seguito del 1989.

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