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L’arca di Greta

Una ragazzina di 16 anni, Greta Thunberg, novella Giovanna D’Arco, é diventata il simbolo di una nuova, convinta, generale mobilitazione per la difesa dell’ambiente, per ridurre, come previsto dalla Conferenza di Parigi, le emissioni di Co2 e conseguentemente frenare l’aumento della temperatura che porterà a prevedibili disastri ecologici. Greta é una studentessa svedese, figlia di una cantante e di un attore, manifesta da tempo dinnanzi alla sua scuola, partecipa e interviene alle conferenze in mezza Europa.  Pare che la sua testimonianza si ponga come stimolo perché il mondo si salvi con una novella Arca, non di Noé, ma di Greta appunto.

A lei un gruppo di deputati socialisti norvegesi ha proposto addirittura l’assegnazione del Premio Nobel. Mi chiedo se non sia esagerato, ma in alcuni momenti della storia servono i simboli, le icone a cui dedicare un impegno, una battaglia. E siccome Greta ci dà la sveglia mentre il mondo dorme e ci indica un rischio planetario che dobbiamo scongiurare per chi verrà dopo di noi, volentieri mi associo. Mentre tutto questo avviene i quattro più grandi paesi che emettono Co2 (anidride carbonica, biossido di carbonio) in atmosfera e cioè Cina, Usa, India e Russia sono in altre faccende affacendate e il nostro governo pensa ai migranti e alla Tav.

Le bandiere che sventolano tra Palazzo Chigi e Montecitorio e che si consumano al vento del Ponentino prescindono dalla costruzione del futuro. Si ammosciano di fronte ai grandi temi dello sviluppo sostenibile. Lorsignori sono con la testa proiettati alle elezioni europee, che sono assai più vicine. Devono verificare quanto perdono gli uni e guadagnano gli altri. E pare che ogni provvedimento venga calibrato col vecchio adagio del “mi giova o non mi giova”. Il rischio ambientale é meno pressante di quello elettorale. Il buco del Frejus é decisamente più attuale del buco nell’ozono. Come disse acidamente un tale: “Perché mi devo occupare dei posteri? Cosa hanno fatto i posteri per me?”.