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Il gatto, la volpe e Pinocchio

Non saprei chi dei due, Di Maio e Salvini, sia il gatto e chi la volpe. Dai sondaggi mi pare evidente che il più furbo, cioè quello che dal rapporto a due ci sta guadagnando, sia Salvini, ma la sua immagine felina e quelle sue finte e rassicuranti smancerie lo rendono gattone, forse anche di razza, magari un gatto domestico. Pensare però Di Maio nelle vesti della volpe, lui che di quell’animale ha invece l’apparenza, per via di quella facciotta che sembra sempre prenderti in giro, mi pare fuorviante. Resta il fatto che nel rapporto binario a perdere, e di netto, é proprio lui.

Devono avergli detto, i consulenti al soldo di Casalino, che se vuole recuperare deve distinguersi da quell’altro. E così, da un paio di mesi, non c’é argomento sul quale il capo dei Cinque stelle non spari alzo zero sul suo alleato e pari grado. Dai porti chiusi, al rapporto con Orban, perfino alla “preoccupazione per l’alleanza con un’ultradestra che nega l’Olocausto”.  Quest’ultima, come ho gia scritto, é la peggiore accusa verso un alleato che sia mai stata lanciata nella storia della nostra democrazia. Ed é anche un’accusa che si ritorce contro chi la fa, giacché, usando la proprietà transitiva, potremmo concludere che i Cinque stelle sono alleati di un partito che é alleato in Europa con chi nega l’Olocausto. E si tratta di una ritorsione logica di non poco conto.

In queste ore abbiamo assistito però alla più risibile delle commedie elettorali di un governo composto da due partiti, fratelli serpenti, anzi ormai serpenti e basta. La vicenda Siri-Raggi é invero imbarazzante. Il sottosegretario leghista, ex socialista genovese, teorico della flat tax, é stato raggiunto da un avviso di garanzia per una tangente di 30mila euro, non si sa se intascata o meno, per approvare un provvedimento poi non andato in porto. I soldi sarebbero stati sganciati da un suo consulente di fiducia che aveva rapporti con una società che avrebbe coperto addirittura la latitanza di Messina Denaro.

Subito il suo ministro, l’arguto Toninelli, senza nemmeno interpellare il presidente del Consiglio, ha fatto la mossa del cavallo e gli ha tolto le deleghe, mentre Di Maio ne ha chiesto ufficialmente le dimissioni. La reazione di Salvini non si é fatta attendere e il leader leghista, dopo avere difeso Siri, ha chiesto a sua volta le dimissioni del sindaco di Roma, dice lui, non per questioni giudiziarie, peraltro oggi inesistenti, ma per incapacità anche alla luce delle registrazioni sul caso Bagnacani, l’ex amministratore delegato di Ama, l’azienda dei rifiuti della capitale, costretto a dimettersi per non accogliere l’invito del sindaco ad approvare un bilancio a deficit.

In tivù sembrava una sceneggiata napoletana questo confronto tra un Cinque stelle che pretendeva le dimissioni di un esponente del governo del quale il richiedente fa parte e un esponente dell’opposizione che in nome del garantismo lo contestava. Anche questo é un unicum nella storia democratica di questo paese. Resta il fatto che se può essere dubbio chi, tra Salvini e Di Maio sia il gatto e chi la volpe, é chiarissimo chi sia Pinocchio, e cioè chi alla fine affida i suoi risparmi ai due rischiando di rimetterci: il popolo italiano, che spero cominci a cambiare idea. Prima di rimetterceli tutti.

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