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E si parla di governo politico

Mi sono permesso di esprimere la mia personale contrarietà alla proposta di Matteo Renzi di costruire un governo istituzionale che approvi la manovra economica, e in particolare eviti l’aumento dell’Iva, e poi porti il Paese a nuove elezioni. Se l’obiettivo é quello di indebolire Salvini questa soluzione finirebbe per rafforzarlo ulteriormente e per porgere a lui e alla coalizione di centro-destra in un piatto d’argento la palma di una più facile vittoria elettorale, irrobustita da due ulteriori fattori: la formazione di un governicchio per la paura del voto subito e l’opposizione a una manovra che impone sacrifici agli italiani. La manovra va fatta da questo governo se rimarrà in carica per gestire la campagna elettorale. Togliendogli le castagne dal fuoco il governo istituzionale produrrebbe solo vantaggi al populismo demagogico del
Diverso é il discorso al quale pare abbia aperto lo stesso Zingaretti e cioè quello relativo alla possibilità di formare un governo politico che non solo eviti le elezioni in autunno ma si dia un programma di due anni. Di questo ho già parlato nell’editoriale precedente cercando di ragionare senza preconcette chiusure. Dal punto di vista politico un governo di due anni avrebbe lo spazio per rimettere molte cose al suo posto. Avrebbe una legittimità parlamentare (se non é un governo uscito da una consultazione elettorale, non lo era certo neppure quello gialloverde), avrebbe la possibilità di recuperare un dialogo con l’Europa che potrebbe aiutare l’Italia a riprendere fiato (il fatto che i Cinque stelle abbiano approvato il voto a favore della Van der Leyen é un elemento nuovo), potrebbe rilanciare lo sviluppo e dare qualche risposta positiva ai ceti più disagiati e all’occupazione, potrebbe riprendere la politica di Minniti sull’immigrazione, svuotando molte delle istanze agitate dalla Lega. E puntare alla elezione del nuovo presidente della Repubblica in un Parlamento senza una maggioranza leghista che ne condizionerebbe la nomina e forse anche i poteri.

Resta però un problema di non poco conto. Questo governo, non istituzionale, ma politico, come sostiene oggi sul Corriere Goffredo Bettini, dovrebbe poggiare su un accordo programmatico tra Pd e Cinque stelle, con questi ultimi, é vero, feriti da un anno di tira e soprattutto molla con Salvini e da un disastroso risultato elettorale, ma che tutt’ora mantengono in Parlamento una percentuale di deputati e senatori doppia rispetto al Pd. Possibile individuare coi Cinque stelle, considerati fino a poco fa i nuovi barbari, e che consideravano fino a poco fa il Pd “il partito di Bibbiano” (una volta i comunisti “mangiavano i bambini”…) un accordo di governo che duri anni? Ma soprattutto di un governo che abbia davvero la capacità di risolvere molti problemi degli italiani e metta Salvini di fronte a tutte le difficoltà di una sterile e improduttiva opposizione? E cosa avverrà nel frattempo nel paese, dopo gli scontri che hanno iniziato a prendere piede in Sicilia tra militanti dei fronti opposti? Quale urto é destinato a scatenarsi tra una maggioranza parlamentare e un’altra, sia pure presunta, popolare? Sono domande, ritengo, più che doverose.

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