Una legge sul suicidio assistito
Facciamo subito chiarezza. La Corte ancora una volta invita il Parlamento a legiferare, come avvenuto in passato, su una questione che attiene i diritti delle persone. Stiamo parlando del cosiddetto suicidio assistito, alla luce del caso Cappato e Dj Fabo. Trattasi di questione non regolamentata dalla recente legge sul fine vita e sul trattamento biologico. Le normative introdotte da quest’ultima legge prevedono solo la sospensione del trattamento medico, compresa l’alimentazione e l’idratazione artificiali, ma non entrano nel merito di un intervento esterno che produce, su volontà della persona, alle prese con una insopportabile situazione personale, la volontà di togliersi la vita.
Si parla dunque di suicidio assistito. La Corte su questo é stata chiara. Non si tratta di legiferare una sorta di diritto all’eutanasia generalizzata, ma di intervenire per normare i casi in cui (la questione e stata sollevata per questo) una persona aiuta un’altra a togliersi la vita. La sentenza della Corte sostiene che questa persona non è punibile “se il proposito suicidiario é autonomamente e liberamente” formato, qualora “il paziente sia lucido”, e che “risulti tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale” e “affetto da una patologia irreversibile che gli procuri dolori intollerabili”. Tutto questo evitando rischi di abuso nei confronti delle persone specialmente vulnerabili. E invitando il Parlamento a legiferare sulla materia. Che diventa quella dell’aiuto, ma anche dell’autonoma decisione del soggetto. In quest’ultimo caso si é discusso, più teoricamente che praticamente, se il suicidio stesso (e non l’aiuto al suicidio) debba o no ritenersi un reato. E perché mai allora i mancati suicidi non debbano essere processati. Non so in quale paese arabo o mediorientale questo possa avvenire. In nessun paese occidentale é previsto. Dunque se il suicidio non è reato (ma evidentemente lo è per coloro che ritengono la vita un bene che non ci appartiene) non si capisce perché lo possa diventare per colui che si limita a rendere possibile l’inveramento della libera volontà di un soggetto che non é in condizione di renderla operativa.
In qualche misura il processo a Cappato al tribunale di Milano dovrebbe dunque risolversi con la sua non punibilità, ma restano aperti tutti i nodi politici, etici e religiosi a cui il deliberato della Corte rimanda. Ovvio che si sia rinfocolato così il fronte clerico-integralista che grida al suicidio di stato. Ritornano tutti i lamenti del fronte del no, da quello di Matteo Salvini, a quelli della Binetti e di Gasparri. Anche i vescovi si mobilitano. Se il tema è quello solito e cioè che la vita non ci appartiene perché appartiene a Dio, occorre rispondere a coloro che non ne rivendicano la parternità che una legge non comporta un obbligo, ma si limita a normare un comportamento. Chi invece difende un principio laico e di tolleranza non può accettare che una visione religiosa della vita sia l’ispirazione di un testo di legge. La serenità e l’equilibrio coi quali la Corte si è espressa sia d’indirizzo per il Parlamento della Repubblica. In Francia, Germania, Spagna, Olanda, Belgio, Svizzera, Svezia, Austria e Lussemburgo, é ammesso o il suicidio assistito o l’eutanasia. E che si faccia presto in Italia. I socialisti si daranno da fare per questo.
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