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Ritorno al futuro (quarta puntata)

Abbattere il mostro della burocrazia e dell’incompetenza
Non so se usciremo da questa epidemia migliori. Ma certo so che se non ne usciremo diversi saranno guai. Questo capitolo riguarda soprattutto, magari non solo, l’Italia, il paese in cui il virus ha mostrato in tutta la sua evidenza le lentezze, le complicazioni, le sovrapposizioni delle competenze. Difficile trovare un Paese in cui un imprenditore, un artigiano, un commerciante debba avere a che fare con tante, spesso inutili, concessioni, ammissioni, normative spesso anche contrastanti tra loro.

Difficile immaginare un paese in cui tanti poteri siano stati così confusamente mischiati tra stato, regioni, comuni, a cui si aggiungono anche quelli di un parlamento europeo che intende legiferare soprattutto su questioni marginali e con atti spesso aggiuntivi rispetto a quelli già deliberati dai parlamenti nazionali. Sul livello delle burocrazie istituzionali mi intratterrò nell’ultimo capitolo di questa analisi costruttiva. Per ora mi occuperò della necessità di ricomporre un modello economico che possa contare su uno stato amico, se non fratello, perché di questo c’é assoluto bisogno per ripartire e sulla doverosa riscoperta della competenza che dovrà caratterizzare le classi politiche future. Uno stato amico è innanzitutto un’istituzione che non perseguita, ma aiuta un gestore di un’attività economica. Dunque occorre subito una riforma fiscale che unifichi le diverse tassazioni nazionali, regionali e comunali, nonché i vari e spesso variopinti balzelli, li razionalizzi e ne abbassi vistosamente le aliquote, e che induca il cittadino a farsi più o meno da solo la denuncia dei redditi. Per far questo, secondo punto, è indispensabile una generale rivoluzione digitale, proprio intesa come antidoto alla burocratizzazione. Basterebbe pensare oggi al ruolo della didattica online e allo smart working per comprendere le enormi potenzialità di questo strumento anche per definire le nuove frontiere del lavoro. Ci troviamo tuttavia di fronte a problemi territoriali di connessione, e si presenta urgente la necessità di una nuova copertura. Da quanti anni si parla di banda larga? Il mondo che verrà non potrà più essere messo in ginocchio dal virus di un pipistrello. Non solo perché la ricerca dovrà accelerare i tempi delle cure e dei vaccini, ma anche perché il lavoro, con la rivoluzione digitale, sarà diverso e in grado di continuare a produrre, cosi come la scuola potrà regolarmente funzionare. Nella stessa amministrazione pubblica l’adozione in forma estesa ed organica del digitale avrebbe reso (dobbiamo accelerare perché lo faccia nel futuro) i percorsi amministrativi più snelli, trasparenti, rapidi, accessibili, sia sul fronte del processo interno che rispetto ai cittadini. Il digitale è il miglior strumento per la sburocratizzazione e questo va adottato a tutti i livelli produttivi e amministrativi. Occorrerà prevedere veri e propri corsi di formazione e di aggiornamento, anche attraverso la televisione, come nei primi anni sessanta a proposito dell’alfabetizzazione di massa, quando con la trasmissione “Non è mai troppo tardi”, il maestro Manzi insegnava a leggere a scrivere. Oggi bisogna insegnare a tutti il nuovo alfabeto digitale. Anche la televisione dovrà svolgere un ruolo attivo, di conoscenza, di approfondimento. La società di domani dovrà essere una società colta, competente, in grado di connettersi e di dialogare col mondo, ormai unito dalla globalizzazione, ma anche dai nuovi strumenti di comunicazione. E anche una società in grado di interpretare le leggi e le norme, che dovranno essere poche, chiare ed efficaci. Bisogna avviare, terza proposta, un capillare processo di delegificazione eliminando tutte le normative inutili, ripetitive, persecutorie. Proponiamo su questo una commissione parlamentare ad hoc che in due mesi porti i suoi risultati in Parlamento. In Italia dovrà essere superata l’idea dell’emergenza e del controllo ossessivo su ogni atto, per timore della corruzione, che più le norme sono complicate e difficilmente interpretabili più ha il potere di subentrare. Prendiamo il blocco inaccettabile di centinaia di miliardi di opere pubbliche già finanziate e mai cantierizzate. Il tutto per ritardi, omissioni, soprattutto ricorsi e controricorsi. Si nomini un commissario, quarta proposta, gia avanzata da Matteo Renzi, che tutte le sblocchi e le si faccia partire immediatamente. Oggi questa é una necessità inderogabile. Prendiamo il caso di un coltivatore diretto che al pari di un’azienda, è costretto a dimenarsi tra gli uffici pubblici per adempiere alle funzioni burocratiche producendo una quantità infinita di documentazione. È inammissibile. Prendiamo i tempi burocratici previsti per creare un’azienda individuale. Prima ci vuole una partita Iva, poi occorre richiedere le licenze, effettuare diverse comunicazioni previste dalle leggi, dal Comune alle Asl, poi procedere a denunciare l’inizio dell’attività alla Camera di commercio, poi inviare la  denuncia all’Inps e poi l’iscrizione all’Inail. E parlo di una impresa a titolo individuale. Per una società tutto si complica ancora di più. E mentre abbiamo in circolo leggi sui tosaerba, sulle camicie da notte, sulle galline, sui pedaggi stradali dei camionisti e il virus legificatore ha contagiato pure i prosciutti, con tre leggi sul San Daniele (rispettivamente del 1970, del 1990, del 1999) e un’altra sul pignoramento dei prosciutti ( legge n. 401 del 1985), il professor Garattini denuncia l’eccesso, anche ridicolo, di burocratizzazione che blocca la ricerca. Per mettere le mani su un topo occorre il parere di cinque comitati, poi del ministero e infine occorre anche pagare una tassa. No, così non si può andare avanti. Tutto questo é anche frutto del basso livello di competenza della classe politica italiana. Durante i periodi di crisi, dovuti a una guerra, a un cataclisma, a una mortale epidemia come quella che stiamo attraversando, si ritorna inevitabilmente alla ricerca delle qualità, frutto della preparazione e dell’esperienza. Virtù che in Italia sono state buttate al macero e anzi considerate difetti mentre l’inesperienza é stata vantata, in base alla moda del nuovismo, come una virtù. I disastri provocati da tutto questo sono sotto i nostri occhi e sono definitivamente bruciate, nel fuoco di un virus che troppe vittime ha seminato, anche le fallaci illusioni di inventarsi una classe dirigente naifs. Non ci si inventa politici, ma ci si forma tali con anni di studio, di sacrifici, anche di gavetta, non ci si improvvisa uomini di governo solo perché si ha un altro mestiere o non lo si ha per nulla. La politica é una delle attività più difficili e pericolose perché se compi un errore si riversa sugli altri. La politica dei dilettanti se l’è portata via il virus. Lo temiamo ancora, ma almeno su questo gli siamo riconoscenti.