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Non é in Bonafede

La segreteria del Psi all’unanimità, e col convinto consenso del senatore Riccardo Nencini, ha deciso di appoggiare la mozione Bonino che ha posto la sfiducia al ministro della Giustizia Bonafede. La mozione Bonino é stata dedicata a Enzo Tortora e a Marco Pannella, cioè alla spinta che soprattutto socialisti e radicali hanno impresso alla cultura dei diritti e a una giustizia giusta, anche attraverso quel referendum vinto nel 1987. I Cinque stelle e il loro ministro Bonafede rappresentano il volto populista e giustizialista, l’altra faccia della medaglia rispetto alle nostre convinzioni etiche e politiche, Con una gamba di qua e una di là il Pd, più spesso garantista coi suoi, come nella peggiore tradizione della sinistra, che cogli altri. Bonafede, poi, rappresenta l’aspetto un po’ grottesco e involontariamente comico di questa tendenza, con quell’espressione “un po’ cosi” dalla quale traspare per intero il suo disagio a guidare il dicastero di via Arenula che fu di Giuliano Vassalli e di Claudio Martelli. Fedele nel contempo a quel detto, che in modo sofisticato e velenoso Piercamillo Davigo ha lanciato, e cioè che “un innocente é solo un colpevole del quale non sono state rintracciate le prove”, Bonafede vi aggiunge un artigianale, supino e accattivante culto verso la magistratura politica che ha messo alle corde il potere esecutivo e legislativo. Il suo modello é costituito dal tribunale del popolo che sulla piattaforma Rousseau cala la scure sui sottoposti a giudizio. L’idea dei tribunali rivoluzionari, celebrati in piazza con tanto di tricoteuses e di urlacchianti popolani, é parte integrante e costituente del movimento fondato da Beppe Grillo manifestato col suo vociante imperativo di “consegnatevi”, esploso davanti al Parlamento, in odio alla democrazia rappresentativa. Bonafede é stato inchiodato sulla riforma della prescrizione, come se il problema della giustizia non fosse quello di accelerare i processi, e di non tenere la gente in galera per anni senza un giudizio, ma fosse quello di reati che si prescrivono dopo vent’anni. Bonafede guarda dall’altra parte rispetto al mercato delle vacche che si protrae nel Csm tra le diverse fazioni, non procede a una riforma sul suo metodo di elezione e sulla continua lottizzazione degli incarichi in quel che dovrebbe essere l’autogoverno della magistratura. Né procede alla riforma del codice di procedura penale. Non si occupa delle carceri in cui spesso sono detenuti, in numero spropositato e indegno di un paese civile, anche semplici detenuti in attesa di processo. Per di più incappa in due gravi infortuni, come la scarcerazione di detenuti per mafia, anche se, rispetto ai crucifige della destra e del buon Giletti, questo caso si è sostanzialmente ridimensionato, e soprattutto inciampa nel caso Di Matteo, il giorno prima promosso alla direzione del Dap e il giorno dopo deviato agli affari penali del ministero. Che abbia influito qualche avvertimento di non pieno gradimento da parte dei soliti noti non é dato sapere. Come abbia reagito Bonafede a entrambe le questioni è noto. Parlando d’altro, di se stesso e magnificando la sua opera al Ministero. Con un linguaggio e un atteggiamento da dilettante allo sbaraglio, e col suo più fidato collaboratore costretto a dimettersi per via di qualche telefonata alquanto compromettente, Bonafede non é apparso per nulla in buona fede. Oppure, se lo era, é apparso probabilmente per quel che é: assolutamente inadeguato, non é il solo tra i Cinque stelle, a guidare un ministero così delicato. Riccardo Nencini, col suo brillante intervento al Senato, ha annunciato il suo voto di sfiducia al ministro e il suo voto favorevole alla mozione di Emma Bonino, contrariamente al voto del gruppo di Italia viva, col quale il Psi é alleato al Senato, ma nel contempo pienamente autonomo al momento del voto. Qualcuno oggi sostiene che, visto che Psi e Italia viva hanno votato diversamente, allora i socialisti devono rompere il gruppo, facendo cosi un utilissimo servizio a Conte e al Pd, giacché senza il Psi il gruppo di Italia viva dovrebbe sciogliersi. Ma non erano, costoro, gli stessi che avevano concepito il gruppo non impegnativo sul piano politico? E perché allora, alla prima dimostrazione che impegnativo non é, parlano di differenze inconciliabili? La giornata di ieri é stata una bella giornata per i socialisti, perché la battaglia li ha pienamente riportati alla luminosa tradizione di lotte per i diritti civili e si sentono cosi di aggiungere, con l’adesione di Nencini alla mozione Bonino, ai nomi di Tortora e di Pannella anche quello di Loris Fortuna, al quale si devono tante battaglie vinte. Questo per affermare una identità comune, a cui in Senato anche Calenda, rappresentato da Ricchetti, ha aderito e per lanciare assieme a loro una nuova sfida politica.