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Cav-Conte: qualcosa Bollorè…

C’era già un clima nuovo tra la maggioranza, e in particolare il presidente Conte, e Silvio Berlusconi. Conte aveva più volte apprezzato i toni morbidi e diversi del cavaliere e della sua Forza Italia da quelli degli altri partiti di centro-destra nei confronti del governo, così come il Pd aveva più volte lodato Berlusconi per la posizione assunta sul Mes. Negli ultimi mesi una vera e propria rivalutazione di Berlusconi ha preso piede nei programmi Rai e lui stesso ha addirittura lodato il suo vecchio avversario Fabio Fazio mentre la valente Ilaria Capua ha elogiato con queste parole il leader di Forza Italia: “Esempio impeccabile e responsabile. Ha fatto più lui di tanti altri con troppe parole”. Subito ricompensato dallo stesso Berlusconi che, rivolgendosi alla Capua, ha ribattuto: “La sua lontananza da Roma se é una comprensibile reazione alle calunnie che ha dovuto subire, impoverisce il nostro Paese”. Berlusconi é diventato così una sorta di grande vecchio buono della politica italiana. Un salvatore, se ce ne sarà bisogno, della stabilità del Paese, un personaggio che lavora per il bene della nazione, al contrario di Salvini e Meloni che pensano solo a vincere le prossime elezioni. Nasce in questo clima l’emendamento presentato dalla dem Valeria Valenti alla Commissione Affari costituzionali della Camera nel corso del confronto sul decreto Ristori 2. Lasciamo perdere la domanda su cosa c’entri col decreto Ristori 2 questo emendamento che affida all’Agcom (l’Autorità delle garanzie della comunicazioni) il compito di presentare entro sei mesi un piano che certifichi quando il pluralismo nelle telecomunicazioni viene minacciato, dopo che la Corte di giustizia europea aveva bocciato a settembre la norma della legge Gasparri che bloccava la scalata nel capitale di Mediaset di Vivendi, il colosso francese delle telecomunicazioni capitanato da Bolloré. Evidente che quando Salvini (la Lega é l’unico partito che in Commissione ha votato contro e in Aula si é poi astenuto) parla di un emendamento improvvisato e fuori posto, non ha tutti i torti. Ma non credo che il voto di Salvini sia motivato solo da questioni di metodo. I leghisti sono fortemente preoccupati che Forza Italia si dissoci dal centro-destra e finisca coi suoi voti al Senato per puntellare il governo. La posta in gioco é essenzialmente politica. Nulla da obiettare, al di là della legge scelta per l’emendamento, che il governo tenti di tutelare le aziende italiane soprattutto in un momento in cui esse stesse sono alle prese con forti ingressi di capitali stranieri, e quasi tutte, a cominciare dalla Fiat, siano orami divenute vere e proprie multinazionali. Ma ritenere che la vicenda debba essere letta, come affermano voci governative, solo per tutelare l’italianità di Mediaset dalla sentenza della Corte di giustizia europea, lascia perplessi. La posta in gioco è politica e la rivalutazione di colui che a sinistra, e a torto, venne definito il cavaliere nero, vale ben più di un emendamento. In pentola qualcosa bolle. O Bolloré…