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Perché la prospettiva é solo liberalsocialista

Ieri sera Bersani ha dichiarato che ci vuole una sinistra liberale, ma che faccia la sinistra. Come vedete l’aggettivo liberale non spaventa neanche Leu, ma se un socialista sostiene il valore del socialismo liberale ecco i puristi, i dogmatici, i disinformati, alzare il veto. La cosa più singolare emerge dagli stessi che negli anni ottanta militavano in un Psi impegnato nel Lib-Lab e che poi avevano esaltato la Rosa nel pugno con Pannella e la Bonino e oggi scoprono che i radicali sono liberisti. E che poi inneggiavano alla lista di Più Europa alle Europee e oggi diffidano degli stessi coi quali ci siamo alleati. Ma spiegatemelo. Voi dove vedete collocato il nostro piccolo Psi? Assieme al fronte della sinistra a Cinque stelle? Con Pd, grilini, anzi parte di loro, e Leu? Non mi si spieghi per favore che la scelta é quella dell’autonomia. Nulla vieta di aggregare nel Psi tutti i socialisti disponibili, nulla vieta di presentare ove é possibile liste solo socialiste, ma io dico: anche per accrescere i nostri consensi bisogna pur indicare la nostra direzione di marcia. Bisogna pur sostenere per chiarezza in quale alleanza ci inseriremo. Non si sfugge. Sono quasi trent’anni che tento in tutti i modi di spiegare che non é possibile (ma i fatti lo hanno purtroppo dimostrato) rifare il vecchio Psi. Il Psi può e deve vivere come del resto vivono la Dc di Rotondi e il Pci di Rizzo. Cioè come aggregazioni identitarie. Ma il sistema non é identario. Ai socialisti non é riuscita la cosa che é riuscita ai democristiani e ai comunisti. Cioè di sopravvivere in contenitori politici nuovi. Portandovi appieno la loro storia. Tanto che oggi sono molto piû conosciuti, ricordati e apprezzati Berlinguer, Moro, la Jotti, De Gasperi, e perfino Gramsci e Togliatti di quanto non siano Turati, Nenni, Saragat e ovviamente Craxi. Il motivo é l’ostracismo e la demonizzazione dei socialisti italiani a seguito di Tangentopoli. Ricordo bene una frase di D’Alema nel 1993: “In Italia la parola socialista é diventata impronunciabile”. A quattro anni dalla fine del comunismo e del Pci i socialisti, e non i comunisti, erano stati seppelliti sotto i calcinacci del muro. Noi oggi dovremmo affermare che la parola socialista non solo é pronunciabile, ma é un onore assumerla. Ma solo nella sua versione riformista e appunto liberale. Le altre si sono rivelate fallimenti o peggio tragedie. Penso alle grandi battaglie coi radicali sui diritti civili e la laicità dello stato, e al nome di Loris Fortuna che dovrebbe essere un’icona della nuova alleanza liberalsocialista. E penso alla battaglia che ci attende per la riforma di una giustizia malata come il libro di Sallusti e Palamara dimostra se mai ce ne fosse bisogno e alla necessità improrogabile di dividere le carriere dei magistrati e di introdurre il sorteggio per l’elezione del Csm uscendo dalla logica delle correnti politiche. Penso a una riforma di segno presidenzialista del nostro Stato che non può attendere, e penso a un governo, che grazie alla crisi aperta e non chiusa da Renzi, é guidato dall’italiano più apprezzato in Europa e nel mondo (anche lui si é dichiarato al pari di Calenda un liberalsocialista). E che dovrà accelerare il piano vaccini e lanciare un Recovery plan come si deve (ricordiamoci che l’Europa ci chiede una riforma della giustizia e della pubblica amministrazione). Dunque proprio non capisco certe reazioni. Discutiamo e confrontiamoci. Ma senza vecchi crucifige. E soprattutto senza mascherine. In politica é ammesso anche durante il lockdown…