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La rivoluzione e noi

Ho sempre pensato che il governo Draghi avrebbe prodotto una vera e propria rivoluzione del nostro sistema politico. Il cambiamento é in atto e da destra a sinistra sono in corso trasformazioni non di poco conto.

Questo in vista delle amministrative di inizio autunno ma soprattutto delle politiche, la data di svolgimento delle quali é anch’essa segnata dal destino di Mario, anzi di Supermario, Draghi. A destra l’avanzata della lista della Meloni ha provocato un’immediata risposta con l’invito lanciato dal declinante Berlusconi, stavolta non dal predellino, agli altri due partiti, ma soprattutto alla Lega, di un’unione di fatto. Un partito, una lista, una semplice federazione? E’ evidente che il bersaglio sia Giorgia e la sua tutt’altro che peregrina eventualità di classificarsi, con la lista di Fratelli d’Italia, al primo posto nella classifica generale della coalizione, con la conseguenza inevitabile di salire le scale di Palazzo Chigi in caso di vittoria del centro-destra. Ovvio che quest’ultima declini l’invito con cortese, ma ferma decisione. A sinistra le ipotesi che si stanno valutando sono essenzialmente due: quella di un’intesa stile Ulivo allargata da un lato a Leu e Sinistra italiana e dall’altro a Calenda, Renzi e Bonino, per poi concordare tatticamente qualche accordo coi Cinque stelle, oppure quella della costruzione di un accordo, come si dice, strutturale del Pd coi grillini in una triade di sinistra populista che associ anche Leu. E in mezzo, perché in mezzo ci sarebbe ampio spazio, soprattutto con questa legge elettorale per due terzi proporzionale? Siamo convinti che l’Italia sia divenuta largamente bipolare, visto che non lo é mai stata? Il bipolarismo imposto per legge, e oggi peraltro scongiurato dal Rosatellum che difficilmente sarà cambiato, ha generato dissociazioni postume, crisi di governo e a volte, come nella legislatura 1994-1996, in quella 1996-2001, in quella 2008-2013 e in questa, anche ribaltoni, mentre in due casi, nel 1996 e nel 2008, ha partorito il ricorso ad elezioni anticipate. Eppure, fino al 2006, si é votato con un sistema elettorale per tre quarti maggioritario, il cosiddetto Mattarellum. Se il sistema non é diventato bipolare col maggioritario possibile che lo diventi col proporzionale? Penso che l’elettorato valuterà dunque le proposte in campo e l’autorevolezza e la coerenza di chi le avanza. Il tema é questo. Siamo convinti che da uno scontro netto tra destra e sinistra, che in Italia é sempre stato vinto dalla destra o dal centro destra, possano nascere buoni governi? Siamo convinti che un governo Meloni, con tutto il rispetto e la considerazione che la leader di Fratelli d’Italia merita, sia un passo in avanti rispetto al governo Draghi? Difficile che qualcuno possa a ragion veduta affermarlo. E siamo convinti che un governo della Triade, Pd, Cinque stelle e Leu, ammesso che possa risultare prevalente al voto, cosa che tutti i sondaggi escludono, possa anch’esso risultare migliore dell’attuale? Dunque, il terzo polo, l’area liberalsocialista o chiamatela come volete, avrebbe l’asso nella manica proponendo la soluzione che meglio si aggancia agli interessi del Paese: la continuità del governo Draghi fino al 2026, non a caso la data di scadenza delle opere previste dal Recovery plan. Certo bisogna evitare l’insidia della candidatura di Draghi alla presidenza della Repubblica che, per opposti motivi, sarebbe assai gradita ad entrambi gli schieramenti, anche se mi pare motivato il consenso del centro-destra, un po’ meno quello del centro-sinistra. Un Draghi al Quirinale significherebbe un immediato ricorso alle urne, con un anno di anticipo e con dodici mesi in meno di mandato parlamentare con tutto quel che segue, e soprattutto con le incognite della riconferma legate al taglio di oltre 300 seggi. Vedremo. Quello che consiglierei a tutta l’area potenzialmente in grado di avanzare la proposta migliore é di svegliarsi. Capisco che Calenda sia fino ad ottobre impegnato nella campagna amministrativa di Roma. Capisco che Renzi purtroppo oggi sia in crisi di credibilità. Capisco che Più Europa sia in deficit di identità dopo le dimissioni di Bonino e Della Vedova che attendono un chiarimento interno. E capisco che il nostro Psi sia molto condizionato dai territori e dalle scelte locali non sempre coerenti con quelle nazionali (ma questo riguarda anche gli altri tre). Un grande spazio e una proposta politica la più autorevole possono essere vanificati dall’insipienza, dalla vanità, dal dilettantismo oggi purtroppo imperanti e arrivare perfino all’autodistruzione, giacché se l’unità é complicata la solitudine porta alla disintegrazione. Non vorrei che si fosse dimenticato il famoso detto Primum vivere e che ci si attardasse troppo in un primum philosophari di dubbio valore.