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Francesco socialista…

7 Febbraio 2022 240 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo
Ritorna anche in Italia di moda il socialismo. Se Saviano definisce papa Francesco l’ultimo socialista e il pontefice, svestendosi della sua santa ufficialità, accetta di farsi intervistare da Fabio Fazio in tv, vuol proprio dire che i tempi sono cambiati. Molta acqua é passata sotto i ponti del Tevere, che oggi si chiamano Matteotti e Nenni, da quando Massimo D’Alema disse, a giustificazione dello strano nome del suo nuovo partito: “La parola socialista in Italia é diventata impronunciabile”.

Dovevano passare oltre sessant’anni perché la profezia di Turati al congresso di Livorno del 1921, riferita ai comunisti che sarebbero tornati sulla vecchia via, la via dei socialtraditori, si facesse realmente strada. E’ passata ancora più acqua da quando i pontefici parlavano in latino e benedicevano la folla in San Pietro con gli occhi allargati verso il cielo. Quasi ad innalzarsi anche spiritualmente nei confronti del proprio gregge. Il papa si é fatto uomo, anzi uomo peccatore, altro che infallibilità, e predica per i poveri, i disadattati, gli immigrati, i dimenticati, proprio come facevano i socialisti delle origini. Con questo papa si é dissolto quello storico contrasto che Camillo Prampolini, il socialista che conosceva il Vangelo, ma non ancora la Tv, aveva individuato tra il messaggio di Cristo e quello della Chiesa. Fu lui, il giorno di Natale del 1899, a pubblicare sulla sua Giustizia proprio la Predica di Natale. Era un racconto rivolto ai fedeli che, uscendo dalla Chiesa, si imbattevano nel sermone di un oratore che li invitava a essere davvero cristiani, a lottare per la giustizia e l’uguaglianza, per l’amore del prossimo, e dunque a diventare socialisti. Quel racconto fece epoca. Venne stampato e venduto in decine di migliaia di copie. Nelle parole di Saviano e nel messaggio di Francesco si può riscontrare la veridicità della profezia di Prampolini. Ci manca solo che Francesco, accorgendosi dell’esistenza di quest’ultimo che concludeva a volte i suoi comizi con un “Vi benedico” e che veniva definito il “Dio dei poveri”, profondamente avverso a ogni genere di violenza, frutto di guerre o di rivoluzioni, lo faccia santo, o solo beato. Non penso che il vecchio Camillo, che morì a Milano nel 1930 e volle per sé un funerale di ultima classe e una sepoltura anonima (Giovanni Zibordi disse per questo: “Io non vi ringrazio di essere qui, siete voi che dovete ringraziare la sorte che vi ha permesso di partecipare ai funerali di Camillo Prampolini”) si rivolterebbe nella tomba. Anzi.

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