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Le pretese di Putin

Sono rimasto sconcertato dal resoconto della dichiarazione di Vladimir Putin, trasmesso in diretta dalla televisiva sulle reti russe. Putin in buona sostanza accusa Lenin di aver superato l’accentrato potere imperiale zarista combinandolo in federazione di stati. E tracciando con approssimazione il territorio e in particolare i confini tra Russia e Ucraina.

Il tracollo del sistema comunista ha poi fatto il resto e trasformato l’autonomia degli stati in indipendenza. E Putin ha sempre ritenuto questa “la più grande tragedia del XX secolo”. Quel che il presidente russo vuole dimostrare non é solo l’illegittimità dell’Ucraina, rispetto alla quale deve risalire al medioevo, al fatto che i popoli russi e ucraini discendano entrambi dai Russ di Kiev, tribù slave, baltiche e finniche che nel Nono secolo crearono un’entità monarchica che comprendeva parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo, ma la volontà di superare la tragedia della frantumazione dell’Urss. Le due affermazioni messe insieme non lasciano dubbi sulle conseguenze. Se l’Unione é stata la premessa del disfacimento causato dall’indipendenza, bisogna tornare indietro, a prima della rivoluzione del 1917. Cioè a una sorta di stato onni comprensivo che faccia perno su Mosca. E che ribalti l’acquisizione di stati autonomi discesa dalla fine dell’Urss nel 1991. Caso eccezionale quello della Cecenia, attuale repubblica della federazione russa, trascinata in due guerre per l’indipendenza, ricorrendo anche a forme di terrorismo, culminate in una dittatura di un governo filo russo. Anche la Cecenia, come l’Ucraina é contrassegnata, non é un caso, dalla presenza di oleodotti e gasdotti. In Georgia, indipendente dal 1991, ancora fresco é il ricordo della guerra in Ossezia del Sud, i bombardamenti nel porto di Poti, tra esercito georgiano e secessionisti appoggiati dalla Russia, più o meno con il pretesto di tipo ucraino. Tremano poi le tre repubbliche baltiche che hanno storia emblematiche. Cedute all’Urss di Stalin dal patto Ribbentrop Molotov del 1939, furono inglobate nel regime sovietico che represse ogni tentativo indipendentista fino al 1991. E oggi Estonia, Lituania e Lettonia, hanno deciso di aderire alla Nato. Toccarle é come accendere un fuoco devastante. L’orizzonte tracciato da Putin é inquietante perché egli nega identità storica a nazioni indipendenti e basa i motivi del mancato riconoscimento su questioni relative alla razza e alla lingua che sono francamente inaccettabili, perché allora sarebbero parimenti legittime le pretese indipendentiste catalane o basche o quelle degli anni sessanta, poi sepolte anche grazie al denaro, dei sudtirolesi. Qualsiasi tentativo di sconvolgere la geografia degli stati universalmente riconosciuti é un grave attentato all’equilibrio che porta alla stabilità e alla pace. Ancora speriamo che Putin non porti alle estreme conseguenze il suo discorso, perché allora dovremmo pensare ad uno sconvolgimento dell’assetto di una intera area geografica, oggi formata da stati indipendenti e da tensioni anche di natura bellica tali da interessare il mondo intero. Putin forse agita nervosamente i suoi desideri per accontentarsi di meno. Forse si sente forte per l’appoggio, per ora misurato, di Pechino, e perché conosce la relativa dipendenza, energetica ed economica, di mezzo mondo da questi due paesi. Dopo la Crimea, attraverso il riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, vuole impadronirsi dell’intero Donbass. Forse lasciando Kiev al suo destino. Ma Kiev potrà accettare che lo zar di Mosca si prenda fetta dopo fetta parte economicamente e strategicamente essenziale del Paese? E cosa farà la comunità internazionale di fronte a questa guerra che é già iniziata? Si limiterà alle sanzioni e ad inviare armi? E’ancora possibile rinviare la parola non alle armi, ce l’hanno già, ma alla diplomazia? E’ possibile ancora convincere Putin che l’Ucraina, che ha tutto il diritto di scegliere i suoi alleati e la sua collocazione internazionale, non entrerà nella Nato dove la stessa Russia, al tempo di Eltsin aveva, nel 1991, chiesto ufficialmente di far parte con una richiesta formale ufficializzata dal presidente russo a Bruxelles? La Nato, che adesso fa paura, allora era un approdo sicuro. Perché? Qui sta il nocciolo politico del problema. Perché Putin non è Elstin. Quest’ultimo era un democratico che aveva combattuto la dittatura e il potere sovietico nonché il tentativo di golpe militare, quell’altro era invischiato nelle trame del Kgb ed é a capo di un sistema con larghi tratti di illiberalità e sospettato di terribili vicende. L’uno ha dato libertà al suo popolo e agli stati l’altro ha costruito un regime oppressivo e vuole tornare indietro di trent’anni. Il papa quest’oggi, senza far trapelare le responsabilità, ha fatto un accorato appello alla pace, che non possiamo che condividere senza poter ignorare chi sta oltrepassando i confini e portando alla guerra.