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Zelensky e quei banchi vuoti

Il presidente dell’Ucraina Zelensky ha parlato a Camere riunite il linguaggio della verità. Ha voluto richiamarci al dramma dell’Ucraina e in particolare di una città grande come Genova, Mariupol, rasa al suolo dai missili e dalla bombe russe. Ha sollecitato tutti noi a metterci nei suoi panni.

E a continuare ad appoggiarlo, senza far uso di retorica, senza richiami al passato. Draghi, dopo che i parlamentari presenti sono balzati tutti in piedi ad applaudire il legittimo e democratico presidente della nazione così brutalmente aggredita, ha voluto definire “eroica” la resistenza ucraina all’invasione, assicurando piano appoggio, anche militare, dell’Italia. Zelensky ha insistito sul concetto fondamentale: in Ucraina si combatte per la libertà dell’Europa, perché l’Ucraina non é che la porta delle prossime guerre del criminale Putin. A ben leggere i suoi discorsi infatti lo zar, nel terribile proposito di ritornare ai confini della grande Russia di Pietro il grande, intenderà, dopo l’Ucraina, allargare i suoi confini annettendo la Moldavia e prima la Transnistria e la Georgia, ben sapendo che le Repubbliche baltiche sono, buon per loro, protette dalla Nato. E’ un disegno folle di uno squilibrato che intende conquistare con la violenza popoli che gli sono ostili e che solo la Resistenza ucraina, col supporto di tutto l’Occidente, può frenare. Putin é un uomo di estrema destra, un nazionalista che vuol ricostruire non l’Unione sovietica (un’unione di repubbliche, e su questo ha lanciato la sua scomunica a Lenin) ma l’impero zarista. Non a caso si tiene il simbolo degli zar dietro la scrivania. Non ha un motivo che possa giustificare una cosi brutale aggressione. Federico Fubini, in un approfondito articolo pubblicato sul Corriere, riporta il fatto che non solo l’Ucraina, anche se fosse entrata nella Nato (ma la richiesta é stata esclusa anche per il futuro dallo stesso Zelensky) non avrebbe mai potuto installare missili offensivi contro la Russia, ma che di tali missili non v’è traccia in nessun paese dell’ex patto di Varsavia che ha poi aderito alla Nato. Di più, di tali missili terra a terra, non v’é traccia, dalla fine della guerra fredda, in nessun paese europeo, se non in Francia, che dispone di una struttura militare autonoma dalla Nato. E allora, il paragone con Cuba 62, ove navi sovietiche stavano trasportando armamenti nucleari, non tiene. Tiene invece il suo contrario, visto che di tali armamenti atomici é ricca la Russia (com’é noto sono stati accentrati in Russia tutti quelli che erano ubicati sul suolo delle repubbliche, compresa l’Ucraina). E non tiene neanche il pretesto della denazificazione. Intanto perché i due partiti di estrema destra, nelle ultime elezioni, hanno insieme conseguito l’1,9%, ma anche perché tutti i movimenti nazifascisti d’Europa stanno appoggiando, anche militarmente, l’esercito di Putin. Sono infatti ben 13 i battaglioni di estrema destra, compreso quello ceceno e quello che proviene dalla Siria, che combattono col fronte russo. Tornando al Parlamento italiano, non mi stupisce il fatto che alcuni Cinquestelle abbiano disertato l’appuntamento e con loro un paio di leghisti. Tra loro c’era chi aveva proposto di invitare anche Putin come se una guerra fosse una tribuna politica da trasmettere in base ai criteri della par condicio. Si tratta di ridicola stupidità e di gretta ignoranza delle più banali regole del buon senso a cui si contrappone la giusta posizione del nostro ministro degli Esteri Di Maio. Anche il famoso Pillon non c’era. Ufficialmente in missione all’estero, ma più probabilmente in combutta col primate ortodosso Kirill secondo il quale la guerra di Putin è contro i gay. Combinazione casuale?