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Il terzo ride

7 Agosto 2024 122 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Hegel aveva la mania del tre. Tesi, antitesi, e sintesi, dove la terza si elevava a suprema virtù. Tre era considerato dai greci e dai latini numero perfetto: “omne trinum est perfectum”, si diceva. E potremmo continuare con la Santissima Trinità, col triangolo michelangiolesco e altro ancora, per indicare non solo la superiorità ma anche la sacralità del tre. Nel pazzo sistema politico italiano il tre é numero da abolire. Il bipolarismo, di dice, é fatto solo di tesi e di antitesi. O di qua o di là e non si capisce se i luoghi indicati siano topografici o anche politici. Facciamo marcia indietro. Sono passati trent’anni da quando, era l’aprile del 1994, il popolo italiano, col Mattarellum era chiamato improvvisamente a scoprirsi bipolare. Vinse la coalizione di centro-destra, ma il terzo polo, il Patto tra Segni, Martinazzoli e Amato, conquistò il 18%. Sì, i voti c’erano, ma i seggi no. Gli uninominali li conquisti se arrivi primo e non terzo. Dopo qualche mese la Lega ruppe con Berlusconi e nel 1996 vinse l’Ulivo di Prodi e la Lega, il terzo incomodo, presente solo al Nord, conquistò il 10%, suo massimo storico fino ad allora. Non c’é scampo. Bisogna coalizzarsi. Ma anche la coalizione dell’Ulivo, dopo quella della Casa delle libertà e del buon governo, si sfaldò. Bertinotti chiuse i rubinetti a Prodi, sopraggiunse D’Alema grazie a Cossiga e chiuse Amato. Nel 2001, sempre col Mattarellum, rivinse Berlusconi. Ma un terzo non alleato né con la Casa delle libertà né con l’Ulivo, e cioè Rifondazione comunista, conquistò oltre il 5%, con 11 deputati e quattro senatori.Tra una crisi di Follini e le tensioni interne Berlusconi resse fino al 2006 e cambiò la legge elettorale. Non più i 3/4 di uninominale maggioritario e 1/4 di proporzionale con lo sbarramento al 4% com’era il Mattarellum, ma un proporzionale di coalizione, praticamente senza sbarramento (si recuperavano nelle coalizioni le prime liste sotto il 2%), ma cn un premio elettorale alla prima lista non importa quanti voti avesse preso. Vinse, nel 2006, con la legge definita poi Porcellum, ancora Prodi per un soffio. Tanti erano gli incentivi e i vantaggi a coalizzarsi che non rimase fuori nessuno. Ma le due coalizioni, soprattutto quella di Prodi, l’Unione, era talmente variegata che il governo durò solo due anni, per il cecchinaggio dei vari Turigliatto e per la presa di distanze di Mastella. Nel 2008 basta con le coalizioni. Berlusconi e Veltroni concordano gli abbinamenti. Forza Italia e An si fondono e nasce il Pdl che si allea solo com la Lega, mentre il nuovo Pd, frutto dell’unificazione di Ds e Margherita, sceglie di allearsi solo con Di Pietro. Casini presenta un terzo polo che conquista quasi il 6%, la Sinistra Arcobaleno il 3%, il Psi l’1%. Complessivamente l’area non coalizzata sfiorava il 10%. Ma anche questa coalizione di governo sbanda ai primi scogli. Fini si dissocia da Berlusconi, lo spreed raggiunge livelli preoccupanti e nel 2011 arriva Monti a imporre sacrifici. Nel 2013 Bersani riesce a non vincere, a non smacchiare né a pungere. Avanza nella foresta uno strano animale. Le due coalizione pareggiano e un terzo movimento, i Cinque stelle di Beppe Grillo, supera il 10%. Si forma un governo di unità nazionale presieduto da Letta a cui poi Berlusconi toglierà la fiducia provocando la scissione di Alfano.  Ma é Renzi, nuovo segretario del Pd, che con una mossa del cavallo procede a sostituire Letta. Nel 2017 nasce la nuova legge elettorale, il Rosatellum, un pasticcio con due liste e un solo voto. Formalmente proporzionale sostanzialmente rigidamente maggioritaria. Stravincono i Cinque stelle che con oltre il 30% diventano il primo partito non coalizzato con nessuno. Si forma un governo in contrasto con le collocazioni elettorali composto da pentastellati e leghisti e presieduto da Carneade Conte. Poi Conte scarica Salvini che si era scaricato da solo e apre al governo col Pd. Non é finita. Renzi mette in crisi anche Conte e arriva Draghi a chiudere la legislatura. Nel 2022 avanti la Meloni, con Salvini e Tajani al guinzaglio (poco dopo muore Berlusconi), ma il terzo polo di Renzi e Calenda conquista l’8%, e nascono le prime tensioni nella maggioranza. Questa la sintesi di trent’anni. Da questo affresco si desume che: qualsiasi legge elettorale esista un terzo polo non coalizzato é sempre stato più o meno in grado di acquisire percentuali accettabili. Non é vero che i non coalizzati sono stati sconfitti. Addirittura i Cinque stelle, non coalizzati, hanno acquisto più voti, nel 2018, delle due coalizioni. Secondo. Le coalizioni presentate agli elettori si sono sempre sfaldate durante la legislatura, con l’unica eccezione del governo Berlusconi del 2001-2006, costretto tuttavia a una crisi e a un rimpasto dall’Udc di Follini. Terzo. Tutte le maggioranze di governo, in questi trent’anni, hanno sempre perso le elezioni successive. E questo testimonia la perenne insoddisfazione dell’elettorato. Aggiungiamo un quarto punto: la percentuale dei votanti é scesa precipitosamente verso il basso fino a calare sotto il 50%. L’Italia, che era il paese europeo dove si votava di più, é diventato il paese dove si vota di meno. Vogliono, lorsignori, tenere presente (anche quelli come Renzi che fanno il de profundis al terzo polo) questi quattro argomenti. Oppure parlano per dar aria ai denti? E li digrignano pure.

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