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Una telefonata non allunga la guerra?

18 Febbraio 2025 89 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Mentre si scopre che il duetto per la pace messo in scena a Sanremo non era tra un’israeliana e una palestinese, ma tra due israeliane, una araba e di derivazione palestinese, e che il messaggio del papa non era confezionato per Sanremo, la telefonata di un’ora e mezza tra Trump e Putin risulta vera e verificata. Basta una telefonata per allungare la vita, come dice la famosa pubblicità? Non pare sia così perché la guerra continua e i morti aumentano. E poi non pare che la telefonata sia la prima. I contatti tra Usa e Russia non sono mancati. Anzi, quando comincia una guerra, non solo non vengono sospesi, ma aumentano, per verificare come una guerra può finire. Certo gli scontri tra le forze in campo possono prefigurarne gli esiti. Ma un piano principale e uno subordinato vengono generalmente tracciati dai due contendenti anche se non sono ovviamente gli stessi. Prendiamo i due piani principali. Quello di Putin, dichiarato, era di conquistare Kiev, dunque l’Ucraina intera, installando un governo filo russo, in stile Lukascenko in Bielorussia, o Janukovic nella stessa Ucraina, destituito in seguito alle manifestazioni di Maidan nel 2014. Per questo Putin, nel febbraio del 2022 ha invaso l’Ucraina non mettendo in conto la resistenza armata del popolo ucraino e soprattutto gli ingenti aiuti militari dell’intero Occidente. Il piano principale di Zelensky e del governo ucraino era di difendere i confini nazionali e di respingere al di là del Donbass le truppe russe. Forse avrebbe rinunciato, sia pur transitoriamente, alla rivendicazione della Crimea, ma non sarebbe andato oltre. Il piano prevedeva la cacciata delle truppe russe da dove erano venute. Nessuno può sapere esattamente quanti morti abbia consumato questa guerra di aggressione voluta da Putin. Il calcolo più drammatico parla addirittura di un milione di morti. Un piano di pace, parliamo di parole, senza contenuti, pare abbia convinto Russia, America e Ucraina a mettersi attorno a un tavolo per studiare un piano secondario. Non é neppure questa la prima volta. Russia e Ucraina si erano già incontrati almeno due volte dopo l’inizio del conflitto: una volta a Minsk e l’altra a Istambul. Senza concludere nulla. Adesso le cose parrebbero più chiare. Almeno nell’elencazione dei temi: il primo é il ritiro dell’Ucraina dal territorio di Kursk, recentemente conquistato, il secondo, e questa é la questione più complicata, é il destino dell’intero territorio del Don bass, quello pregiato perché dispone di gas, petrolio, pietre preziose e sul quale anche Trump avrebbe messo gli occhi. Difficile pensare che l’Ucraina accetti che questo territorio, sul quale da anni era in corso una sanguinosa guerra civile, precedente l’invasione russa, tra ucraini e filorussi, possa diventare parte della Russia, così come appare difficile che la Russia possa firmare un accordo che preveda la riconsegna del Don bass conquistato all’Ucraina. Si potrebbero trovare mediazioni? Una regione autonoma a statuto speciale che garantisca le diverse tendenze, etnie e lingue? Vedremo. Una sorta di Minsk tre? La terza questione é costituita dalla garanzia reciproca della tenuta dell’eventuale accordo. Ovvero dalla costituzione di una forza di interposizione che scoraggi l’attacco dei russi per conquistare nuove posizioni. Pare che la Nato non sia gradita ai russi. E qui si guarda all’Europa che, assente dalle trattative, almeno per il momento, dovrebbe dispiegare le sue inesistenti forze armate in territorio ucraino. Ho ragionevoli dubbi che questo possa avvenire.  Infine la collocazione dell’Ucraina sul versante internazionale. La Russia ribadisce il fermo no alla sua adesione alla Nato, che invece sarebbe garanzia di pace per il popolo ucraino, come lo é per quella delle repubbliche baltiche perché Putin non attaccherebbe mai un paese Nato. Più probabile l’adesione, non ancora formalizzata, dell’Ucraina alla Ue. Ma la Ue si farebbe davvero carico di tutte le garanzie anche militari del quale un paese membro avrebbe diritto? Per adesso siamo agli annunci. E alle telefonate. Unite alla voglia di Trump di mettere le mani un po ovunque, nelle terre rare dell’Ucraina, come nella striscia di Gaza. Il presidente americano ragiona con la logica del dollaro. Vuole la pace perché la guerra costa troppo. Anzi pretende risarcimenti delle spese fatte. Se Roosevelt avesse ragionato così dopo Pearl Harbor cosa sarebbe stato dell’Europa e del mondo?

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