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Dagli a Zelensky

3 Marzo 2025 76 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Ormai cosa ci si deve aspettare di più? Che Trump scomunichi Papa Francesco, che ritenga Biden non solo “uno fuori di testa”, come l’ha definito nel “cordiale” incontro con Zelensky, ma il vero responsabile del Covid, che attribuisca la responsabilità della seconda guerra mondiale alla Francia e all’Inghilterra e che denunci il capo della Cia per spionaggio? Pensate che, dopo lo spot sulla riviera di Gaza, dopo il voto all’Onu e dopo il match di pugilato in diretta mondovisione con Zelensy abbia raggiunto il culmine? Non credo. Eppure la democrazia americana, storicamente di stampo liberale, cioè dotata di pesi e contrappesi, è essa stessa a rischio. Ha ragione Galli della Loggia a parlare sul Corriere di un presidente eletto dal popolo ma che non garantisce il rispetto dei diritti civili del popolo. Che sono quelli di rispettare la sua storia, la sua cultura e anche la sua politica estera tradizionale. Rispettare e non calpestare, che non significa non mutare. Anche Hitler è stato in fonfo eletto. Alle elezioni anticipate del 1933 i nazionalsocialisti conquistarono la maggioranza relativa. Ma soffocò presto i diritti civili. Un presidente eletto che calpesta i diritti del Parlamento e che firma decine di provvedimenti illiberali che puniscono dipendenti, giornalisti (clamorosa la situazione del Washington post di proprietà del suo amico Bezos), donne e uomini di cultura, suoi avversari politici e mezzi di informazione dell’opposizione, che disprezza e offende un capo di stato peraltro aggredito e supportato nei mesi scorsi dagli stessi Usa e lo caccia dalla stanza ovale volutamente in modo maleducato e per di più chiedendogli soldi, un presidente così è pericoloso per l’America e il mondo intero. Si ribalta la Carta dei diritti universali dell’uomo oltre alla sostanza della Carta dell”Onu, si svilisce la funzione della stessa Nato. Ci si avvia a delegittimare l’Ue nata per Trump col solo scopo “di fottere l”America”. Si scambiano aggrediti con aggressori. “Se ne vada Zelensky e torni quando vuole la pace”, ha tuonato il dominus. La parola pace significa per Trump innanzitutto dollari. Cioè la pace si compra e si vende. L’indipendenza e la sovranità popolare sono concetti aerei. Non si toccano. Non si mangiano. Non ci si può costruire un residence o una riviera. Zelensky se ne vada e torni coi soldi e con la disponibilità a firmare una pace con Putin cedendogli i territori occupati. E poi se la sbrighi lui coi russi e al massimo ci pensi l’Europa perché l’America per difendere i nuovi confini non sposterá un solo soldato. Si prenda i Sudeti, pardon il Don Bass, e Praga, pardon Kiev, arriverà dopo, magari a seguito di un attentato, vero o presunto, a un soldato russo. Europa e Italia svegliatevi. La Meloni che ha in casa un trumpiano convinto, Salvini, si decida quale parte intende sposare. La Schlein, schierata con Kiev, decida se continuare a far leva sui Cinque stelle, simpatizzanti del nuovo presidente americano. Anche l’Ue si chiarisca. Che senso ha tenere in Europa Orban che da sempre sposa le tesi di Mosca. Un Kadar dei tempi moderni. Un fatto positivo la tronfia e grezza arroganza trumpiana lo sta provocando: il ritorno della politica e la conseguente ricerca della coerenza. Ci mancava.

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