Pace o tregua?
Hanno firmato. Tutti. Anche Hamas. Hanno accettato il piano Trump in venti punti alcuni dei quali leggermente modificati, vedremo come. Adesso ci basta la notizia. Si fermano i bombardamenti su Gaza e la sua gente festeggia nelle strade. Ci sarà entro pochi giorni lo scambio dei prigionieri e poi inizierà, si spera, il disarmo di Hamas e la ricostruzione di Gaza. Non sappiamo esattamente il percorso temporale che potrà portare alla pace. Sarà tregua o pace? Per adesso direi tregua. Per costruire una vera pace che non c’è dal 1948 si deve necessariamente imboccare la strada dei due popoli e due stati come raccomandava la decisione assunta dall’Assemblea delle Nazioni unite nel 1947. Lo stato di Israele fu subito costituito, quello palestinese no. E questo perchè gli stati arabi, e soprattutto quelli che avrebbero dovuto cedere territorio per istituirlo, preferirono dichiarare guerra a Israele. Adesso il cammino può riprendere. Certo la doppia carneficina, quella del 7 ottobre del 2023 perpetrata da Hamas che é costata la vita a 1200 israeliani oltre a 250 rapimenti di giovani, ragazze e bambini e il massacro successivo di civili a Gaza, che il governo di Netanyahu ha compiuto colpendo decine di migliaia di uomini, donne e anche bambini, sono benzina che non sara semplice eliminare o tenere custodita perché non prenda fuoco. La moderata fiducia sta nel fatto che non solo l’Autorità nazionale palestinese ma tutti gli stati arabi, a cominciare dell’Arabia Saudita (ovviamente escluso lo sciita Iran) hanno sostenuto l’accordo e saranno vigili sul suo rispetto. Ho scritto in un editoriale precedente che è meglio una pace imperfetta di una guerra perfetta. Questa dovrebbe essere la posizione degli autentici pacifisti. Prendo atto invece che non è così. E che gli estremisti pro Pal avrebbero preferito continuare la guerra, che significa massacro innanzitutto dei palestinesi e forse accusare di tradimento perfino Hamas. Li lascio nel loro brodo irrazionale di livore. Oggi si apre una nuova pagina di un libro ancora da scrivere. Sono chiamati a farlo un’Israele che deve ritrovare la sua credibilità internazionale dopo averla persa sotto le macerie di Gaza e un mondo arabo che ha ritrovato unità e che deve rilanciare il progetto di uno stato per i palestinesi. Il cammino sarà a zig zag, come recitava un detto cinese, ma la meta è luminosa.







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