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Netanyahu basta

19 Maggio 2025 67 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Anche ieri giornata di sangue a Gaza. I bombardamenti israeliani hanno causato oltre cento morti. Secondo le stime delle organizzazioni internazionali le vittime complessive dei bombardamenti israeliani sarebbero oltre 50mila, delle quali una gran parte donne e bambini che col terrorismo di Hamas non c’entrano proprio nulla. Sia chiaro, non siamo qui a dimenticare né come questa guerra ha avuto inizio, cioè con la barbara strage di Hamas in territorio israeliano del 7 ottobre 2023, né che Hamas é un’organizzazione terroristica che governa la striscia di Gaza ai confini con Israele e si prefigge una Palestina “dal fiume al mare”, cioè la distruzione dello stato di Israele e neppure che questa organizzazione terroristica ha situato le sue postazioni militari a ridosso o entro scuole e ospedali per produrre, durante gli attacchi israeliani, un maggior numero di morti sacrificali, come li ha definiti uno dei capi di Hamas Haniyeh. Ma non è una logica terroristica, sapendolo, di ammazzarne cento per colpirne uno? O due, come nel caso dei fratelli Sinwar, congiunti del più famoso capo di Hamas, già liquidato. E poi, come si fa a lasciare centinaia di migliaia di palestinesi rifugiati in tende e accampamenti per nulla sicuri senza cibo e acqua, praticamente alla fame, come ha sottolineato oggi Leone XIV, che ha chiesto una pace giusta per Gaza e per l’Ucraina? Ma non basta dissentire, non basta protestare e chiedersi qual’é il confine tra reazione comprensibile a un barbaro attentato e strage di un popolo. Non basta. Adesso un problema si pone con l’occupazione della Striscia di Gaza da parte dei militari israeliani, definita operazione “Carri di Gedeone”. Gedeone é una figura biblica vissuta nell’XI secolo avanti Cristo, che sconfisse con trecento uomini gli oppressori Madianiti, uccidendo personalmente i loro due capi e mandando a morte un intero villaggio perché i suoi abitanti si erano rifiutati di aiutarlo. Personaggio discutibile, dunque. Ma che rischiava in proprio. Non come Netanyahu. Il capo di stato maggiore israeliano generale Zamir ha annunciato l’inizio dell’avanzata che avrebbe un duplice obiettivo: “la sconfitta di Hamas e il ritorno degli ostaggi”. Dubito che la maggior parte di questi ultimi sia ancora in vita ma si tratta anche sul ritorno in Israele dei corpi dei defunti in cambio di prigionieri arrestati da Tel Aviv dopo il 7 ottobre. Il punto politico consiste nel ritorno o meno in Israele dei soldati dopo l’invasione, perché se Israele si tenesse la Striscia si scivolerebbe alla situazione precedente il Trattato di Oslo del 1991 e l’opera coraggiosa compiuta da Sharon di sgomberare la Striscia, anche con la forza, dagli insediamenti israeliani. Cioè ben lontani dall’esigenza più volta manifestata in Israele anche dall’opposizione a Netanyahu dei “due popoli e due stati”, peraltro già sancita dalla risoluzione Onu del 1947. E’ evidente che se l’avanzata israeliana si tramuterà in occupazione e visto che, contrariamente a quel che avvenne a Gaza, in Cisgiordania le colonie israeliane si sono nel frattempo moltiplicate, l’idea di uno stato palestinese andrebbe forse definitivamente in fumo. Gli Usa, l’Europa, la stessa Onu non possono accettarlo. La Striscia, caduta in mano ad Hamas e non all’Olp, anche con un colpo di mano e una guerra civile, deve restare ai palestinesi che governano, si fa per dire perché le forme di governo sono tre, una israeliana, una mista e una palestinese, la Cisgiordania. Magari sotto il controllo delle Nazioni unite e visto che Guterres si agita tanto che si assuma qualche compito diretto nel controllo di quel territorio. Ma per far questo, visto che Netanyahu ha compiuto disastri, dalla mancata prevenzione anti terroristica del 7 ottobre, alla gestione suicida degli ostaggi, alla reazione spropositata che ha seminato tragedie umanitarie, al tentativo di occupare militarmente territori non suoi, il leader israeliano deve uscire dalla scena. Un nuovo governo in Israele e la definitiva messa al bando di Hamas sono condizioni fondamentali per riprendere un cammino di pace.

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