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La salita di Monti

26 Dicembre 2012 1.645 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Ancora non è chiaro come Monti salirà in politica. Il presidente del Consiglio ha annunciato che non si candiderà, essendo senatore a vita. Ma questo non cambia d’una virgola il suo impegno. Anche Renzi aveva dichiarato che non si sarebbe candidato (non avrebbe neppure potuto non essendosi dimesso per tempo da sindaco). Avrebbe tuttavia guidato il Pd e la sua coalizione come implicito (dal momento che la legge non lo prevede) candidato premier. È questo che farà Monti? Cioè guiderà senza candidarsi la coalizione centrista, che si è già formata per sostenere il suo programma con Casini e la sua lista “Italia” concordata con Fini, con Montezemolo, e transfughi del Pd come Ichino e del Pdl come Frattini? Parteciperà dunque in prima persona alla campagna elettorale sostenendo il centro, prestandogli il suo nome e guidandolo in tv e nelle piazze? E, inoltre, nel centro compariranno più liste o una sola ispirata da lui e con candidati nuovi e da lui scelti in buona misura, capaci di interpretarne lo stile bocconiano? Quest’ultima, di tutte le ipotesi, conoscendo i parlamentari dell’Udc, mi pare davvero assai problematica e il professore dovrà comprendere che salire in politica non significa avvicinarsi al regno di Dio, tutt’altro. Oppure Monti si limiterà ad indicare, come ha già fatto con l’ausilio fondamentale di Pietro Ichino,  la “giusta” via programmatica e si rifugerà in un comprensibile riserbo istituzionale durante l’aspra lotta elettorale? Mistero. Anche perché, diciamo la verità, Fabrizio Cicchitto non ha tutti i torti quando afferma che un Monti che sia ad un tempo presidente del Consiglio tuttora in carica, anche se dimissionario, e leader in campo di una coalizione politica, pare invero discutibile, soprattuto dal momento che la presidenza del Consiglio è stata da lui guadagnata col consenso di tutti i contendenti. Resta il fatto che, più Monti si esporrà in campagna elettorale, più i due poli opposti saranno in difficoltà. Quello capeggiato da Bersani perché più problematico sarà l’obiettivo di raggiungere la maggioranza al Senato e più rischiosa per la sua premiership la successiva e necessaria intesa col centro. Quello capeggiato da Berlusconi perché il presidente del Pdl, e la sua ipotetica, e tuttora incerta coalizione, rischia di finire fuori dal recinto di gioco, senza potersi più mostrare di stampo popolare ed europeo. D’altronde le contorsioni di Berlusconi, il suo schizofrenico atteggiamento su Monti, prima sfiduciato e poi indicato come ideale leader della sua stessa coalizione, il suo eccesso di nervosismo televisivo, il suo ricorrente richiamo alle proposte più populiste, stanno a dimostrare la sua difficoltà, direi ormai la sua precarietà, nello scacchiere politico italiano. Monti sale dunque in politica, ma non sappiamo per quale via. Sarà una salita per la strada maestra, o per un incerto sentiero, o addirittura attraverso un’arrampicata per roccia? L’importante sarebbe adesso che, indipendentemente dalle sue scelte, almeno la sinistra la smettesse di parlare di lui. Che Monti salga in politica ci sta, che gli altri salgano al Monti no.

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