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Sobrietà o libertà

28 Aprile 2025 49 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Il ministro Musumeci, con una dose sconcertante di ingenuità, ha raccomandato di usare sobrietà, parola che può avere molteplici significati, alla festa del 25 aprile, che si svolge il giorno prima del funerale del Papa. Il termine significa “moderato”, “senza eccessi superflui”. E francamente non si capisce perché la festa della Liberazione la si debba celebrare in modo moderato e senza eccessi, forse senza bande, feste, slogan, canti e cori. Il tutto per onorare un Papa, Francesco, che, oltretutto, amava stare in mezzo al popolo e vivere la gente. Personalmente desidererei invece che quest’anno il 25 aprile lo si festeggiasse con libertà. Che poi é il vero valore cui pervenne la lotta di resistenza. La  libertà da una dittatura, la libertà da un’invasione straniera, la libertà sancita dalla Costituzione a cui i partiti che affondavano le loro comuni radici nella Resistenza pervennero. E per finire la libertà di celebrare il 25 aprile per tutte le componenti politiche, culturali e religiose, nel rispetto che si deve ad una storia di comune militanza. La Resistenza non é proprietà esclusiva di nessuno. Ne furono coinvolte famiglie politiche diverse che poi, dopo soli tre anni, si combatterono aspramente. I partigiani non furono un blocco unico. Ai Gap, diretti dal Pci e alle Brigate Garibaldi, di sinistra, con tanto di commissari politici, si abbinarono le Fiamme Verdi, di matrice prevalentemente cattolica o liberaldemocratica e le Brigate Matteotti, di ispirazione socialista, e altre ancora che volevano recare il loro attivo contributo alla liberazione dell’Italia. Ma i gruppi che si formarono a partire dall’estate del 1943 non avevano molti altri obiettivi comuni, non avevano progetti di società da costruire insieme. Lo storico Pavone parla di tre guerre, anche se vi furono coloro che ne combatterono due o anche tutte e tre: quella per l’indipendenza nazionale, contro l’invasione straniera, la guerra civile tra italiani, tra fascisti e antifascisti, e la guerra di classe, per l’emancipazione sociale. Le tre guerre si mescolarono e divennero una sola, che coinvolse, con motivazioni diverse, ma con comun denominatore unico nella sconfitta del nazi fascismo, dai monarchici ai comunisti. Un ventaglio tanto vasto quanto eterogeneo. E siccome questo evento noi dobbiamo ricordare, facciamo in modo che una così ampia area di ispirazioni culturali e politiche partecipi, perché ne ha diritto, a questa ricorrenza. Oggi si usano parole sbagliate che confondono gli animi. Si parla di guerrafondai e ci si riferisce a chi appoggia anche con le armi la resistenza ucraina da una barbara aggressione. Mi chiedo da che parte mai sarebbero schierati coloro che presero le armi per combattere per l’indipendenza e la libertà italiana. Forse con coloro che vorrebbero la capitolazione dell’Ucraina o con coloro che restano insensibili alla occupazione russa e non ritengono che occorra frenarla se non arrestarla proprio con le armi? Diamo allora dei guerrafondai anche ai partigiani? Si dice che l’articolo 11 della nostra Costituzione ripudi tutte le guerre, e dunque anche quella in Ucraina. Cioè che i resistenti, tali erano in maggioranza i costituenti, ripudino loro stessi. Ma l’articolo 11 della Carta é chiaro: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”. Cioè ripudia la guerra di aggressione, non certo quella di resistenza. Ma andiamo oltre. Leggo che, come al solito, particolare attenzione da parte delle autorità di sicurezza sarà riservata, oltre al gruppo ucraino e vorrei sapere il motivo (il valore della resistenza non é forse universale o lo si applica solo per noi?) alla Brigata ebraica, già da anni al centro di contestazioni e offese invereconde da parte di gruppi estremistici. Orbene la Brigata ebraica nulla ha a che fare col governo di Israele, e ovviamente con i massacri di Gaza originati dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. La Brigata, costituita nell’estate del 1944 con ebrei reclutati nella Palestina mandataria, venne posta sotto il comando di ufficiali anglo ebrei e servì nelle ultime fasi della campagna d’Italia. Era composta di tre battaglioni e disponeva di 5mila uomini. Nelle diverse battaglie condotte contro i nazifascisti in Italia la brigata ebbe 30 morti e 70 feriti. La libertà, anzi il diritto, di partecipare alle nostre sfilate del 25 aprile é sanzionato dalla storia e non si capisce perché per contestare Netanyahu occorra contestare una Brigata che combatté sacrificando i suoi figli per il nostro futuro. O, meglio, lo si capisce bene. Si tratta di una contestazione che ha origine nel razzismo. Come Hamas definisce ebrei tutti i cittadini di Israele, i contestatori trovano nell’ebraismo il filo conduttore che unisce i partigiani della Brigata ebraica a Netanyahu. Quell’antisemitismo che sta di nuovo avvelenando il mondo, richiamato anche nel messaggio-testamento di Papa Francesco, non faccia mai più capolino nelle nostre manifestazioni. E venga rifiutato e bandito dai nostri cortei.

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