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Valditara e gli smartphone

6 Maggio 2025 36 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Il ministro Valditara annuncia una proposta al Parlamento di Strasburgo, probabilmente nella forna della raccomandazione, e cioè di togliere alle ragazze e ai ragazzi in orario scolastico l’uso degli smartphone. Per la verità non sapevo che nelle scuole elementari e medie si potesse far uso dei cosiddetti telefonini. Deve essere un continuo trillo e un “pronto” dietro l’altro. Ma forse si possono solo tenere in tasca senza usarli. O magari si possono usare col silenziatore. Secondo la proposta di Valditara si dovrebbero depositare tutti in un armadietto, da ubicare nelle singole classi per evitare furti. C’é qualcosa di molto importante che la scuola italiana si ostina però o a negare o a sottovalutare. Ed é il modo di educare nel nuovo mondo della tecnica che, come sostiene il professor Paolo Garimberti, oggi é prevalente, anzi dominante trasformandosi “da strumento a soggetto della storia”. La tecnica non può essere nascosta in un armadietto, ma cambia conseguentemente anche il modo di insegnare e di imparare. Scelgo un approccio umanistico che mi é più consono, giacché la matematica é una scienza esatta e come diceva Kant appartiene alle idee a priori che non devono per forza essere sempre dimostrate (10 per 10=100, e non c’é bisogno di contare). Ma sul versante letterario, storico, filosofico, psicologico, religioso, qui il discorso si fa diverso. La tecnica ti fornisce un’infinità di dati ma non il tuo pensiero. Voglio dire che l’utilizzo di Internet che io ritengo fondamentale anche a scuola ti dirà tutto sulla vita e sulle imprese di Giulio Cesare ed é inutile che io te le spieghi o che le pretenda. Quello che un’insegnante ti dovrebbe chiedere e che non troverai sullo smartphone é “Qual’é il tuo pensiero su Cesare”. Dunque dovrebbe stimolare e incoraggiare la valutazione personale. Così la tecnica non solo non riuscirà a rispondere, ma rimanderà al pensiero, alla soggettività, alla creatività a cui nessuna nuova o nuovissima tecnologia, e neppure l’intelligenza artificiale, potrà mai rispondere. Si apre un nuovo mondo di fronte a noi. Quello della complementarietà di tecnologie avanzate e individualità critica. Non solo si può approfittare dei numerosi, quasi infiniti dati forniti, che sono neutri o al massimo frutto di opinioni diverse e anche contrapposte. Ma si può, attraverso la riflessione su questi ultimi, allargare la sfera delle opinioni personali. Sempre di più dunque la scuola dovrà cambiare registro. Da un lato dovrà formare i giovani a un corretto uso delle tecnologie, affinché non se ne diventi schiavi e limitandone anche temporalmente la loro utilizzazione, affinché non si sviluppino rapporti informatici e non personali cogli amici, perché non si riduca il messaggio umano a un twit e perché un giudizio non si basi sulla dicotomia di un “mi piace” o “non mi piace” dei messaggi social o una dichiarazione d’amore non si riduca alle sigle tvb (ti voglio bene) o tvmb (ti voglio molto bene), ma si approfondiscano le ragioni di gradimento o meno, i segreti romantici di un innamoramento. Se la vita diventa solo virtuale (e potremmo arrivare anche alle unioni virtuali, alle vacanze virtuali, alle adozioni virtuali) il mondo perderà il fascino della parola, dello sguardo, del tocco di mano, del bacio e dell’abbraccio. Si smaterializzerà e si ridurrà a fantasmi di sigle e di geroglifici. Evitare dunque l’estremizzazione e la dominazione assoluta delle tecnologie é anche un dovere della scuola. Poi la scuola non copre la maggior parte del tempo di una ragazza e di un ragazzo e forse neppure la famiglia. Oggi sono le relazioni esterne, spesso virtuali, ad assorbire gran parte del tempo di una loro giornata. E dunque questa triade di referenti (scuola, famiglia, amicizie) dovrebbero muoversi di pari passo in contatto tra loro come in un campo d’azione. Ma c’é un secondo tema che la scuola deve sviluppare e cioè la maturazione di un essere pensante. Un individuo dotato di pensiero autonomo, non indotto, non uniforme con quello di un insegnante, di un genitore, di un amico. Un pensiero libero che sia fattore essenziale della costruzione di una società di uomini liberi. Un pensiero libero e soggettivo, anche contro tutte le credenze e soprattutto i dogmi. “Cosa pensi di Cesare”, sarà la domanda più giusta in un mondo virtuale assorbito dalle date, dalle guerre, dalle conquiste, dall’omicidio di Cesare. E sarà la domanda a cui nessuno smartphone sarà in grado di rispondere.

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