La festa dell’unità
Si svolgerà a Reggio Emilia sede di storiche kermesse del Pci. Ma cosa? La festa dell’unità. E’ scritto proprio così con la u minuscola. Non sarà dunque la festa dell’Unità, giornale oggi diretto dall’ultragarantista Piero Sansonetti che in politica estera ha preso posizioni molto distanti da quelle del Pd. Sarà dunque la festa dell’unità, o magari del campo largo. E nemmeno la festa di quel giornale comunista fondato da Antonio Gramsci nel 1924. Anche perché gli ex democristiani del Pd potrebbero richiedere la festa de il Popolo o, anziché la festa dell’Unità pretendere la festa dell’Amicizia. Già Renzi prende a nume ispiratore De Gasperi (“sono degasperiano” ha confessato recentemente e sappiamo quanto De Gasperi fosse anti comunista), e Renzi é stato per anni leader incontrastato del Pd, già la tessera Pd del 2024 porta in evidenza invece il sorriso di Berlinguer, già la Schlein prende ad esempio sui diritti cvili suo nonno, il senatore socialista Agostino Viviani, il primo a proporre una legge sulla separazione delle carriere dei magistrati da lei contrastata e che nel 2001 fu nominato in quota Forza Italia nel Csm, ma, per aumentare la confusione, ci mancava la festa dell’unità. Quando la minuscola non é un refuso, ma una possibile scappatoia…
Ferragosto con due guerre
Il 15 agosto del 1892 nasceva il Partito dei lavoratori su impulso di Anna Kuliscioff e di Filippo Turati (e non di Andrea Costa che al momento del voto non era neppure presente). Oggi, 134 anni dopo, due guerre insanguinano questa ricorrenza: l’aggressione russa all’Ucraina e le conseguenze della strage del 7 ottobre del 2023 in Israele. Penso che l’offensiva militare e tattica dell’Ucraina in territorio russo sia un’azione della resistenza di quel paese che si inquadra nel complessivo fronte di guerra ucraino. Ridicola la posizione del governo italiano, unico in Europa, a vietare l’uso dei mezzi militari inviati dal nostro paese al di fuori del territorio ucraino. Come se per sconfiggere gli eserciti russi occorresse delimitare il campo di battaglia ai confini del paese aggredito. Non é mai successo. In nessun conflitto. Read the full story »
La libertà
Mentre sul lato governativo si balbetta, sulla politica estera, sulla giustizia, sul dramma delle carceri e soprattutto non si progetta il futuro.(la transizione ecologica, il ritorno o meno del nucleare, l’intelligenza artificiale) e mentre il ministro degli Esteri Tajani fa le dichiarazioni in fotocopia, si tratti di Israele, di Gaza, dell’Iran, dell’Ucraina, e cioè che l’Italia si augura che i conflitti non si allarghino assicurando che il nostro Paese non é in guerra con nessuno, anche la sinistra continua a calpestare, in occasione del dibattito sulle carceri svolto in Parlamento, uno dei suoi fondamentali principi del passato: quello del rispetto del diritto alla libertà anche dei suoi avversari. Quando leggo che il povero Costa, liberale nel cuore e nel cervello, viene definito “salva Toti” perché propone um restringimento del carcere preventivo che porterebbe in buona parte a sanare la sproporzione tra numero di carcerati e capacità ricettiva delle carceri, non mi stupisco più. Manca a sinistra una forza consistente del socialismo liberale, il Psi, il Psdi, soprattutto i radicali, che salvaguardavano quell’area dall’istinto del nemico, da abbattere ad ogni costo. Read the full story »
Il terzo ride
Hegel aveva la mania del tre. Tesi, antitesi, e sintesi, dove la terza si elevava a suprema virtù. Tre era considerato dai greci e dai latini numero perfetto: “omne trinum est perfectum”, si diceva. E potremmo continuare con la Santissima Trinità, col triangolo michelangiolesco e altro ancora, per indicare non solo la superiorità ma anche la sacralità del tre. Nel pazzo sistema politico italiano il tre é numero da abolire. Il bipolarismo, di dice, é fatto solo di tesi e di antitesi. O di qua o di là e non si capisce se i luoghi indicati siano topografici o anche politici. Facciamo marcia indietro. Sono passati trent’anni da quando, era l’aprile del 1994, il popolo italiano, col Mattarellum era chiamato improvvisamente a scoprirsi bipolare. Vinse la coalizione di centro-destra, ma il terzo polo, il Patto tra Segni, Martinazzoli e Amato, conquistò il 18%. Sì, i voti c’erano, ma i seggi no. Gli uninominali li conquisti se arrivi primo e non terzo. Dopo qualche mese la Lega ruppe con Berlusconi e nel 1996 vinse l’Ulivo di Prodi e la Lega, il terzo incomodo, presente solo al Nord, conquistò il 10%, suo massimo storico fino ad allora. Non c’é scampo. Bisogna coalizzarsi. Ma anche la coalizione dell’Ulivo, dopo quella della Casa delle libertà e del buon governo, si sfaldò. Bertinotti chiuse i rubinetti a Prodi, sopraggiunse D’Alema grazie a Cossiga e chiuse Amato. Nel 2001, sempre col Mattarellum, rivinse Berlusconi. Ma un terzo non alleato né con la Casa delle libertà né con l’Ulivo, e cioè Rifondazione comunista, conquistò oltre il 5%, con 11 deputati e quattro senatori. Read the full story »
Stella stellina
Stella, stellina luccicante passione per i diritti delle persone e degli animali. Hai vissuto e te ne sei andata col sorriso della tua militanza gentile. Radicale come i due Marchi (Pannella e Scarpati) e come quel Gualdi che girava con l’auto con sopra legato un tavolo per la raccolta di firme. Stella, generosa e affettuosa donna di strada, come quella a cui invitava Giorgio Gaber, perché “le case dove noi ci nascondiamo” ammuffiscono e invecchiano. Mi dicono che te ne sei andata viva. Viva con nel sangue ancora tutte le tue curiosità e la voglia di nuovi tavoli, nuove firme, nuovi referendum. E col sorriso e tante parole e programmi. Questo era per me Stella Borghi, morta ieri a 84 anni, una ragazza che correva lungo il sentiero di un’esistenza spesa per gli altri. Ciao Stellina, il mondo é cambiato, noi non siamo stati in grado di cambiarlo, di renderlo più libero, umano e solidale. Ci sarebbero ancora tante battaglie da fare contro la stupidità di tante fallaci mode. Siamo pronti a combatterle per te.
Parigi e la vergogna di Roma
Un profondo senso di vergogna mi ha preso assistendo alla meravigliosa apertura dei giochi Olimpici sulle Senna. Dovevano essere a Roma. Anzi potevamo già chiederli prima di Tokio (Roma 1960, Tokio 1964). Ma cosa é diventata l’Italia, cosa é diventata Roma? Siamo stati solo noi, nonostante gli sforzi di Malagò, presidente del Coni, a voltar le spalle a un’Olimpiade. Non mi risulta che sia mai successo. Decisivo il niet della giunta Raggi. Ho pensato che i Cinque stelle siano davvero coerenti. Via l’Ilva, no alla Gronda a Genova, no alla Tav, no all’Alta velocità, no al Ponte, no dunque anche alle Olimpiadi. Animati da una cultura tardo medievale e anti moderna non possono organizzare un evento che avrebbe permesso a Roma di investire in infrastrutture e di trovarsi in cima al mondo. Il Tevere al posto della Senna e la più bella città del mondo in mondovisione, che nel 1960 non esisteva. Roma magnifica ad esaltare l’Italia. Vergogna, profonda vergogna per questo no che mostra Roma e l’Italia al pari della Columbia dei narcotrafficanti di Pablo Escobar che rifiutò di organizzare i mondiali del 1986. Read the full story »