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In galera

20 Maggio 2014 1.056 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Dunque il deputato piddino Genovese é finito in carcere. Se Parigi val bene un messa, le elezioni europee valgono ben più delle manette. Non sono affatto stupito della decisione del Pd. Nè sull’accoglimento del voto segreto nè sulla decisione di mandare in galera un inquisito. Non è la prima volta. Non sarà l’ultima.

Incominciamo dal voto palese. É un ignominia e una evidente forzatura istituzionale accettare il voto palese sulle persone. Non era mai successo prima. Ma la svolta è stata l’accettazione della richiesta grillina di voto palese sulla decadenza di Berlusconi al Senato. Si dirà che il Pd non poteva piegarsi all’aggressione di Grillo e dunque ha fatto di peggio. Ne ha accettato motivazioni e conseguenze. Oggi siamo alla replica. Ha forse ragione Luca Ricolfi che proprio oggi sostiene che tra un imitatore e l’originale la gente sceglierà l’originale. D’altronde il Pd poteva negare per un suo rappresentante quel che aveva concesso per un suo avversario?

L’arresto è ancora più discutibile. Ditemi voi per quale motivo costui doveva essere arrestato. Perché rischiava di inquinare le prove, di fuggire, di reiterare il reato? La verità è che le disposizioni di arresto aggirano quasi sempre le normative previste dalla legge. E spesso risultano un arbitrio nelle mani di magistrati inquirenti che intendono il carcere preventivo come una condanna che non può competere loro. Per questo avevamo aderito con convinzione al referendum radicale anche su questo specifico tema. Ora si può sostenere che mai come oggi un deputato non deve essere posto su una dimensione di privilegio. E infatti questo principio deve valere per tutti. Ma anche per i parlamentari che non possono, anche se oggi e forse anche domani, sono nominati, non essere considerati rappresentanti del popolo.

Bene hanno fatto i nostri deputati a non votare l’arresto. E a uscire dall’Aula. Avrebbero anche potuto votare contro, senza paura. Ma va bene lo stesso. Quello che di Renzi apprezzo l’ho detto più volte. Quello che non apprezzo è questa sua spregiudicatezza sui principi. Non ho capito se sia un garantista o un giustizialista, se voglia o non voglia una riforma europea della giustizia italiana, se sia o no d’accordo con la separazione delle carriere. Di tutto questo non parla e sembra piuttosto rifugiarsi, un po’ berlusconianamente, nei sondaggi. Ma i principi si difendono anche quando sono poco o per nulla popolari. O no? O questo, oltre che non essere berlusconiano, non è oggi neanche renziano?

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