Dunque Matteo Renzi si é infilato, pare che nessuno glielo abbia chiesto, nel cosiddetto campo largo che andrebbe dunque da Conte a Italia viva, en attendant Calenda. Un tutti insieme appassionatamente per battere la destra. Non per costruire un governo con un programma unitario. Renzi, come suo solito (e più volte gli abbiamo riconosciuto intuito politico) non subordina l’adesione alla nuova alleanza a una serie di cose da fare. Non chiede chiarezza sull’atteggiamento da tenere sulla resistenza ucraina (come si sa Conte e Fratoianni non concordano sull’invio delle armi) o sulla riforma della giustizia (la Schlein, contrariamente a suo nonno, il senatore socialista Agostino Viviani, primo firmatario di una legge per la separazione delle carriere dei magistrati, di questa riforma non vuol sentir parlare). O a proposito del reddito di cittadinanza, bandiera dei Cinque stelle, sul quale Renzi aveva minacciato un referendum, o sul 110% per il restauro degli immobili dei ricchi. Insomma Renzi aveva chiesto che non ci fossero veti non ponendone. Anzi aveva coniato il nuovo slogan “non veti ma voti”. Ma che razza di slogan é mai questo? Read the full story »
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E’ in pieno svolgimento la festa dell’unità (con la minuscola, forse per non confonderla con L’Unità, diretta oggi dall’eretico Piero Sansonetti). Molti invitati, da Calenda a Fratoianni, la Schlein concluderà il tutto, non credo in stile Berlinguer 1983. A proposito dell’ex segretario del Pci gli é stato dedicato un padiglione. Le feste mostrano simboli, sono ritratti di storie vissute, di lotte condivise. Venite, venite, signori, per 34 euro potrete assistere a una conferenza di Garimberti. Ieri c’era Bersani, il figliol prodigo. E c’era anche Landini, segretario della Cgil. Voglio fare presente una grave dimenticanza. Pochi giorni fa é morto, ma se la vita é consapevolezza era gia morto da anni, Ottaviano Del Turco, storico sindacalista della Cgil, segretario del Psi e ministro, poi confluito nel Pd dalla sua nascita. Del Turco é morto sotto il peso della sofferenza e dell’angoscia di una persecuzione giudiziaria iniziata nel 2015, con accuse che via via si sono poi sgonfiate. Assolto dal reato di associazione a delinquere, assolto dal reato di corruzione, assolto dal reato di concussione, assolto dal reato di falso, resta una sola piccola condanna per induzione indebita. Un controsenso logico, un piccolo frammento della macchina del fango costruita dal tribunale di Pescara. Bisognava pur lasciare qualcosa per non sconfessare del tutto quei magistrati. Perché a Reggio Emilia, alla festa dell’unità, non se ne parla? Perché la Schlein non ha fatto alcuna dichiarazione su questo caso che avrebbe fatto accapponare la pelle a suo nonno, il super garantista senatore socialista e libertario Agostino Viviani? Perché al vice di Luciano Lama non é stata allestita una camera ardente alla Cgil? Perché neanche su un suo ex dirigente politico il Pd si espone ad attaccare la magistratura? Sì, le feste mettono insieme simboli, ritratti di vita vissuta, lotte per ideali. La figura di Del Turco, morto ammalato per troppe tensioni e per troppe ingiustizie, non meritava spazio. Non credo si sia trattato di dimenticanza, ma di consapevole reticenza.
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Adesso il Pd ha gettato la maschera. Era il partito un po’ di tutti. C’era chi poteva esaltare Moro e perfino De Gasperi, chi arrivava a Dossetti e financo a Pertini. Con la segreteria Schlein (non a caso Bersani é tornato a casa e D’Alema si é riavvicinato) il Pd é diventato solo berlingueriano. Intanto si celebrano le feste dell’unità (ho già scritto che la minuscola non é un refuso, ma é una scelta per non cadere nell’esaltazione del giornale diretto da Piero Sansonett). E alla festa nazionale il salone politico é stato dedicato proprio a Enrico Berlinguer, come la tessera del Pd per l’anno in corso. Ora che Berlinguer sia stato il segretario che ha elaborato la strategia del compromesso storico e abbia favorito l’unità nazionale nella seconda metà degli anni settanta, con l’Italia alle prese col terrorismo e la crisi economica, non c’é dubbio. Che Berlinguer sia stato il segretario del cosiddetto strappo da Mosca, nel 1981, dopo il colpo di stato in Polonia e che abbia anche, forse, rischiato la vita in uno strano incidente avvenuto in Bulgaria, anche. Ma che Berlinguer sia stato l’antesignano di un partito del socialismo europeo, proprio no. Al massimo concepiva il Pci, a cui non pensava di cambiare nome, a metà strada tra comunismo e socialdemocrazia. Read the full story »
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E’ scontro totale Grillo-Conte nei Cinque stelle. La cosa che non sapevo l’ha rivelata Gigetto Di Maio, praticamente scomparso anche dai radar del Golfo Persico ove l’Unione europea lo ha designato come rappresentante speciale. Di Maio sostiene che Grillo non userà il suo potere di garante. E osserva: “Sembra che abbia smarrito il suo coraggio. E forse le ragioni sono 300mila… In pochi mesi Conte gli porterà via anche l’argenteria. E poi gli cancellerà il contratto di consulenza. Triste direi». Ora, che un leader politico sia pagato così considerevolmente per il suo ruolo non era mai successo. I leader politici potevano candidarsi, al contrario di Grillo, alle elezioni e venire eletti. In caso contrario i partiti li pagavano come funzionari politici. Trecentomila euro, circa 600 milioni, non li aveva visti nessuno di loro. Ma c’é una seconda doverosa considerazione. Il partito che ha dimezzato i vitalizi parlamentari (parliamo di trattamenti previdenziali già erogati) con un provvedimento incostituzionale, paga, anche coi soldi degli stipendi dei parlamentari, erogati dallo stato, un individuo, peraltro dal già alto livello di vita, ben 300mila euro, cioè 25mila euro al mese, il doppio di un parlamentare e sei-sette volte più dei vitalizi che i suoi hanno voluto tagliare. Mi vien voglia di dire: vergogna. E invece sono contento che una volta di più si scoperchi l’ipocrisia di un movimento che aveva davvero abolito la povertà. Ma in casa sua…
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Succede anche al Movimento Cinque stelle. La frattura tra Conte, sorretto dalla maggioranza dei parlamentari, e Grillo, i cui seguaci sarebbero Di Battista, la Raggi e qualche ex, pare irreparabile. Si scontrano, dietro la facciata del superamento o meno del vincolo dei due mandati, una visione di partito e una di movimento. Una concezione burocratica che si colloca nel centro-sinistra, su posizioni estreme e giustizialiste, e una che si rifa alle tensioni e alle suggestioni delle origini. Al di là di questo si tratta dell’ennesima forza politica che si divora il suo fondatore, anzi il suo nume tutelare, il suo padre. Non é la prima volta nella storia politica italiana. Facciamo tre passi indietro. Chi fondò il primo partito italiano, il Partito dei lavoratori, poi Partito socialista dei lavoratori e infine Partito socialista, Filippo Turati, assieme alla sua compagna Anna Kuliscioff, venne espulso nel 1922 dal Psi perché coerentemente riformista. Read the full story »
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Non era più vivo da anni, colpito da un cocktail di malattie e da una quindicennale persecuzione giudiziaria. Ma ieri si é spento anche il sole a Ottaviano Del Turco, sempre accudito amorevolmente dalla famiglia nella sua casa abruzzese di Collelungo. Quella di Ottaviano é una storia allegra e triste. La sua é una vita dolce e amara. Anzi, un bel percorso sindacale, politico e amministrativo, viene colpito al cuore da un missile improvviso sparato dai magistrati pescaresi, distruggendo lui e la sua salute. Ma andiamo per ordine. Ho conosciuto Ottaviano quando non era ancora segretario aggiunto di Luciano Lama (lo divenne nel 1983 dopo l’elezione di Dino Marianetti alla Camera). Veniva spesso a Reggio Emilia e tra un bicchiere di lambrusco e un piatto di tortelli, si parlava di politica e anche della Lazio, la squadre di cui Ottaviano era tifosissimo. Poi, durante il governo Craxi, Del Turco, assieme alla Uil di Benvenuto e alla Cisl di Pierre Carniti, fu protagonista della difficile battaglia riformista al referendum sulla scala mobile. Read the full story »
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Una delle efficaci battute del velenoso fiorentino si inquadra in un attacco al governo di due deputate di Italia viva, Maria Elena Boschi e Raffaella Paita, ultra renziane, che hanno depositato un’interpellanza suscitando sospetti a proposito di un ruolo determinante esercitato dalla sorella di Giorgia Meloni, Arianna, sulle nome Rai e non solo. Sallusti ha poi annunciato che sarebbe pronto, per Arianna, moglie del ministro Lollobrigida, cognato di Giorgia, un avviso di garanzia ipotizzando dunque un rapporto diretto tra Renzi e la magistratura. Devo dire che Renzi avrà cambiato politica più volte, oscillando tra governo giallorosso e la sua crisi, tra l’appoggio a Conte e la sua rimozione in favore di Draghi, tra terzopolismo e promessa di adesione all’unione del centro-sinistra senza veti, ma che possa essere stato trasformato da vittima (lui, suo padre, sua madre, i suoi amici) in carnefice su ordine della magistratura, non ci credo. Piuttosto questo attacco avviene durante il percorso di riavvicinamento di Renzi al Pd e potrebbe essere anche inteso come la prova del sangue della sua attendibilità. Read the full story »
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