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Il Partito democratico e il mal d’Europa

4 Dicembre 2008 4.819 views One CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

E’ un bel guaio per Veltroni e i dirigenti del Pd questa appartenenza dell’Italia all’Europa. Sarebbe stato assai meglio che l’Italia fosse in un altro continente, magari, in quell’America che un tempo i comunisti odiavano così tanto e che oggi diventa invece il principale punto di riferimento del nuovo partito. Ancor di più dopo la vittoria di Obama. Vuoi mettere un paese dove il Partito democratico vince con questa Italia berlusconiana? E dove non c’è neppure Di Pietro a romperti le scatole e a portarti via i voti? Nossignori, l’Italia è proprio in Europa e non ha fatto neppure domanda di cambiare. Strana, questa assurda conservazione. E per il Pidì è un bel rompicapo perché poteva immaginare di tutto tranne che l’Italia fosse destinata a rimanere immobile lì, piantata in mezzo al mediterraneo dove sbarcarono, tra i primi, Enea e i suoi avi. Possibile? Era immaginabile che vi fossero ancora antichi partiti socialisti in quest’Europa ancien regime e che non cambia i nomi e i simboli, i dirigenti no, quelli restano sempre gli stessi, alla velocità italiana? Era immaginabile che ancora stì partiti fossero lì e non avessero recepito il cambiamento italiano che porta a superare tutto, con questo amore per il nuovo che regala anche il farmaco della rimozione del passato? Nessuno è mai stato comunista, democristiano, e poi andreottiano, forlaniano. Sono uomini nati dal nulla in una specie di big bang della politica costoro che soffrono il mal d’Europa. “Chi l’avrebbe mai detto”, si chiedono, “che un bel dì ci dovessero anche chiedere a quale partito europeo e a quale gruppo europeo iscrivere il partito. Ma dovrebbero essere loro a iscriversi al nostro partito e al nostro gruppo. Non sono gli italiani a dover diventare europei, ma gli europei a dover diventare italiani. Ma chi credono di essere a Strasburgo e a Bruxelles? Non sentono quest’aria di cambiamento, che parla inglese. “The change? Yes, we can”, caro paffuto Villari, che vigili sulla nostra televisione. Meno male che Fassino ha riscoperto il partito dei Ds a Madrid e ha firmato con la carica del passato. Poteva firmare anche Occhetto, con la carica di segretario del Pds, il Manifesto socialista europeo, no? E trovarci là anche Craxi e addirittura Nenni. D’altronde gli europei sono così indietro e loro, i democratici italiani, li hanno assecondati presentandogli un partito che non c’è più. Un inganno? E perché mai? Un tempo si dicevano comunisti in Italia e progressisti in Europa, poi democratici di sinistra nel nostro paese e socialisti in Europa, adesso solo democratici in Italia e non si sa chi in Europa. Dunque sono coerenti, altro che. Con sta storia delle identità, ma insomma. Che pretese assurde, che noia. Come risolveranno la questione? Coerentemente. Chiederanno di far parte del gruppo democratico americano. Una volta un matto entrò nel mio ufficio e mi propose un ponte da Roma e New York. Adesso penso che sia stato un precursore.

One Comment »

  • Bernini said:

    Caro Mauro di quale PD parli? Di quello del Nord conteso da Chiamparino e Cacciari, di quello Tosco Emiliano di rito Dalemiano; di quello del centro-sud in preda al panico ed in fuga verso il giustizialismo?

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