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I paradossi di Sgarbi: l’occasione di un incontro

23 Ottobre 2013 1.017 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Siamo stati insieme stamani Vittorio Sgarbi ed io e non succedeva da molti anni. L’occasione è stata la conferenza stampa sulla Fiera mercato dell’arte promossa a Reggio dalla locale fiera. Gli ho ricordato i tempi della Camera dei deputati, quando dal 1992 al 1994 lui era l’unico che contestava i magistrati di Milano. Gli ho ricordato quando, nel 1985, arrivò alla mostra dei capolavori di Magnani e rivelò che la Madonna del Durer, sulla quale si erano esercitati in tanti a decantarne la bellezza, era in realtà una fotografia e che l’originale era stato custodito per paura dei ladri dalla stesso Magnani in luogo segreto. Gli ho anche ricordato di quando a Ragusa, nel 1988, era accompagnato da una delle ragazze del suo harem privato e davanti a Sciascia tenne una conferenza dottissima sulle reliquie fasciste del palazzo del Municipio. Sgarbi è uno spettacolo garantito quando parla di arte. E in particolare di arte moderna dove la sua fantasia può esercitarsi senza freni, perché non la conosce quasi nessuno. Sgarbi è maestro di paradossi. Come quando afferma che l’arte è quel che si decide che sia, o meglio quel che gli artisti decidono che sia. Un artista può indicare come non sua un’opera sua e come sua un’opera non sua. Il gioco delle parole non si sovrappone alla logica. Oppure quando afferma che si può sostenere di tutto. Ad esempio che gli artisti dell’antica Grecia siano più giovani di noi, perché noi abbiamo più anni. Oppure quando dichiara con certezza che il tempo è soggettivo nell’arte e che De Chirico dipingeva negli anni sessanta i suoi quadri siglandoli 1914-1915. O quando afferma che gli artisti contemporanei sono quelli meglio sponsorizzati e paiono sempre gli stessi. Ed espongono alla Biennale coi loro nomi disposti come fossero loculi. O quando parla dei critici sui quali spara a zero, come dei docenti di storia dell’arte che impallina con la sua voluttuosa ars oratoria. Quanto ai mercati anche questi sono utili, per Sgarbi, perché molti artisti sono stati conosciuti non certo grazie ai soloni dell’arte ma proprio ai mercati, e che Ghirri che lui adora lo ha conosciuto in questo modo. Anche la fotografia è arte se non viene contaminata. Se sfuoco una fotografia posso anche dire che è bella, sì questo è artisticamente ammesso. Ma non è più fotografia. E ancora elogi alla fiera di Reggio che ospita l’ennesima edizione di questa mostra mercato, che ha visto lo scorso anno la partecipazione di più di settemila visitatori, e dove saranno esposte opere di cento gallerie, che porteranno artisti contemporanei, ma anche vecchi capolavori e dove il giro di affari è sempre stato cospicuo. Poi via per Genova, non senza aver ricordato la sua partecipazione all’unica rappresentazione di Radio Belva, con scontri furibondi e a colpi di male parole. Si era augurato che fosse l’unica è così è stato. Due sguardi alle giornaliste più carine, un panino e via in auto verso l’autostrada. Alla prossima sfuriata, Vittorio.

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