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Ma l’Italia ha una politica estera?

17 Settembre 2014 1.034 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Eravamo abituati bene con Moro, Craxi, Andreotti, perché l’Italia aveva una politica estera nel corso della guerra più o meno fredda, nel periodo del bipolarismo Usa-Urss. Diciamo che, consapevole della sua ubicazione di confine tra Ovest ed Est e tra Nord e Sud, il nostro paese poteva giocare un ruolo strategico. Questo ruolo naturale di dialogo e di collaborazione era anche inficiato dalle numerose incursioni dei servizi segreti e dei movimenti di guerriglia che si annidavano nel nostro territorio. In fondo controllare l’Italia era ritenuto strategico dagli Stati Uniti, così come destabilizzarla era ritenuto utile dall’Urss, che doveva anche tenere sotto controllo il più grande partito comunista d’Occidente e vi riusciva a fatica. Dal Sud importavamo spesso le tensioni del conflitto israelo-palestinese. Spesso attentati, qualche volta ambigui ma utili lasciapassare per evitarli.

L’Italia così si configurava come un paese alleato degli Stati Uniti, ma spesso non subalterno ad esso, come la fase del governo Craxi dimostra, amico di Israele e al contempo vicino ai movimenti che rivendicavano il diritto dei palestinesi ad avere una patria. Con i paesi dell’Est esistevano diversi canali di dialogo e di rapporti soprattutto economici e commerciali produttivi, senza nulla concedere alla repressione dei dissidenti come nel Psi è testimoniato dalla figura di Jiry Pelikan, che dai socialisti otterrà finanziamenti per il suo movimento e poi il mandato al Parlamento europeo. Non era ancora iniziato il flusso dell’emigrazione, ma già nel 1990 il governo Andreotti, col ministro Martelli, volle per la prima volta affrontare dal punto di vista legislativo il problema che si stava affacciando, con l’opposizione del Msi e del Pri.

Il 1992-94, che seguiva l’ottantanove e ne era sua diretta conseguenza, ha spazzato via tutto. Avremmo dovuto elaborare una nuova via. Una politica estera dell’Italia del dopo muro, nell’Europa del dopo muro. Io non la vedo ancora e sono passati vent’anni. Si sostiene, anche giustamente, che dopo Maastricht avrebbe dovuto essere l’Europa a darsi una politica estera unitaria. Sappiamo bene che non è avvenuto. Basterebbe guardare all’intervento in Libia, deciso unilateralmente dai francesi, per rendersene conto. E vantarsi del commissario italiano a un’inesistenza mi pare invero paradossale. Non sarà la Mogherini a invertire il corso delle cose. Il vertice di Parigi ha peraltro mostrato un’Italia indecisa, o meglio solo propensa ad appoggiare una politica più che a farsi carico, come i francesi e gli inglesi, di un intervento militare contro l’Isis. Non è un po’ troppo comodo?

I governi italiani si sono semplicemente caratterizzati, in questo ventennio, per un’apertura alla Russia da parte di Berlusconi che ha mischiato tre atteggiamenti: di amicizia personale, di interesse economico e di curiosità politica. I governi Prodi hanno guardato soprattutto all’Europa, spesso invano. Abbiamo partecipato alle missioni internazionali con nostri soldati, spesso con sofferenza e qualche volta con spaccature di maggioranze, come nel caso dell’Afghanistan durante il governo dell’Unione. Abbiamo trattato coi terroristi, bisogna ammetterlo, per liberare i diversi nostri ostaggi che sono finiti nelle loro mani, senza contare i nostri morti, vittime dell’integralismo e i nostro eroi, vittime di attentati, a volte troppo presto dimenticati.

Siamo adesso senza ministro degli Esteri. Non riesco a capire cosa aspetti Renzi e nominare il successore della Mogherini. Un consiglio. Non ci metta un altro dei Renzi boys. Abbiamo bisogno di gente esperta. Abbiano bisogno di gente conosciuta. Recuperi la Bonino se può. O chieda a D’Alema, ma non lo farà mai. Ecco, se c’è un settore dove oggi l’inesperienza è non solo un difetto, ma anche un pericolo, questo è il dicastero degli Esteri. L’Italia potrebbe, se volesse, giocare un ruolo da protagonista. Non solo nel conflitto russo-ucraino, ma anche in quello mediorientale. Per gli stessi motivi per cui lo giocava durante la fase del bipolarismo e con un ingrediente in più. Quello d’essere diventata il porto naturale dell’emigrazione africana. Che è in larga parte oggi composta da profughi che fuggono dalle guerre. Un ‘Italia dunque, che deve essere ad un tempo accogliente e vigile. Perché i terroristi si annidano ovunque. Non riesco a comprendere se il governo Renzi voglia giocare questo ruolo o proferisca giocare coi twitter….

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