Un nuovo orrore. Kobane come Srebrenica nell’indifferenza generale?
I fanatici sanguinari dell’Isis avanzano nonostante le bombe della coalizione. La città curda di Kobane, a due passi dal confine turco, è stata assediata e per due terzi pare ormai nelle mani dei massacratori. Girano foto di scene orrende. Una ragazza curda prima ripresa sorridente e con il segno di vittoria, poi fotografata senza testa, agitata a mo’ di trofeo dai guerriglieri dell’Isis. Sarebbe una delle tre ragazze decapitate. Poi l’immagine di una serie di corpi brutalizzati e ammassati. Il presidente del Consiglio Renzi ha parlato in televisione della fucilazione di bambini, della vendita di ragazze, schiavizzate. È incredibile registrare il fatto che la diffusione di queste orribili, selvagge scene di morte sia opera dei carnefici che pensano di pubblicizzare così la loro forza e di fare ulteriori proseliti. A poche centinaia di metri é situato il confine della Turchia che non si muove, si interroga, riflette sul da farsi. È perplessa sulla scelta di difendere i curdi o lasciarli massacrare.
Secondo fonti curde i morti di Kobane sarebbero già tra i 150 e i 250, ma si teme un vero e proprio massacro di coloro, prevalentemente anziani, che sono rimasti in città. Si paventa una nuova Srebrenica, ove si consumò la strage di 8.000 civili. La comunità internazionale si è mobilitata, ha creato una coalizione formata anche dai paesi arabi disponibili. Si è voluto tenere fuori Iran e Siria, per motivi politici, quando forse era opportuno coinvolgere anche loro, soprattutto per la necessaria azione di terra. È evidente che gli americani, dopo la vicenda irachena e gli impegni in Afghanistan, vogliano limitarsi ad azioni dal cielo. In fondo non costano sacrifici di vite umane, se non di quelle, anche innocenti, di chi le subisce. Ho sempre pensato che bombardare sia più crudele che affrontare a viso aperto il nemico. Certo la battaglia di terra costa vite umane proprie, il bombardamenti costano vite umane altrui. È più nobile?
Quel che mi pare evidente è che solo con le azioni aree l’Isis non si ferma. Avanza nonostante le perdite, aggrega nuovi guerriglieri, converte con le armi, costringe a combattere, propaganda vittorie e patriottismo mussulmano. L’azione di terra a me pare non più rinviabile. Davvero la Turchia vuole chiamarsi fuori e tenere al suo confine questi massacratori? È vero che i turchi hanno trattato e ottenuto la liberazione di decine di prigionieri. Ma quanto potrà durare la bonaccia? E l’Iran quanto potrà restare ferma dopo i massacri degli sciiti? Quanto potrà restare ai margini la Siria, che ha visto proliferare al suo interno questi guerriglieri di Allà, prima mischiati ai tanti che giustamente lottavano contro il regime di Assad, e per questo anche aiutati dagli americani, e poi trasformati in novelli vati del Califfato?
È tempo di scelte non più rinviabili. Anche l’Italia deve fare la sua parte, finora limitata a un supporto logistico e all’invio di armi. La guerra contro il terrorismo islamico non la si può ignorare. Esiste. Coinvolge tutti. È vero che gli americani hanno commesso errori. Ieri in Afghanistan coi talebani e oggi in Siria coi terroristi. Ma la domanda è cosa fare oggi. Continuare con l’indifferenza e qualche bombetta che ci scarica la coscienza è colpevole responsabilità. Fermiamo la strage di Kobane, subito. Con l’Onu, se possibile. Ma subito inviamo i liberatori ed evitiamo la nuova Srebernica. Un’altra strage di quelle proporzioni è una condanna a morte del mondo civile.
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