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La rivoluzione francese

8 Maggio 2017 1.080 views No CommentStampa questo articolo Stampa questo articolo

Tutto come previsto. Vince Macron con oltre il 65 per cento. Il giovane neo presidente ha voluto concludere il suo discorso di ieri riprendendo quel “Libertè, fraternitè, égalitè” figlio della rivoluzione dell’ottantanove. I francesi sono figli dell’illuminismo e votano usando la ragione. Socialisti e gollisti si sentono più vicini all’astro nascente del liberalsocialismo che non all’estremismo antieuropeista della Le Pen. In altre condizioni politiche cosa sarebbe accaduto in Italia dove il voto é meno condizionato dalle identità e più dalle rivalse? Il trionfo di Macron segnala due tendenze politiche che ormai sono piuttosto comuni ai paesi europei. La prima é la crisi dei partiti tradizionali. Il giovane Emmanuel, socialista dalla nascita e ministro del governo Hollande, ha fondato un movimento tutto suo En marche, si é candidato alle presidenziali, ha affrontato di petto la crisi del governo Hollande e le conseguenze della candidatura del vetero socialista Benoit Hamon, ha ottenuto l’appoggio di larga parte del Psf, compreso quella esplicita del primo ministro Vals, ha sfidato e battuto tutti e si é insediato all’Eliseo.

Oggi il Psf e i gollisti paiono distrutti. Lo stesso Vals ha dichiarato che il Psf non c’é più. A giugno del 2018 En Marche diverrà l’erede del Psf e del liberalismo francese? Mi pare probabile. Questo porta a ragionare a tutto campo. La crisi dei partiti tradizionali, con l’eccezione della Germania, mi pare un dato costante. Basta volgere uno sguardo alla Spagna, alla Grecia, alla stessa Italia per rendersene conto. I populismi o i sovranismi però sono pressoché ovunque una minoranza. In nessun paese, nemmeno in Austria, ove parevano largamente favoriti alle elezioni del presidente, neppure in Olanda, ove venivano pronosticati vincenti, riescono a sfondare. Varrà anche per l’Italia, il paese ritenuto più a rischio?

Se il miglior modo per contrastare i populisti e antieuropeisti é quello di lanciare un nuovo progetto, anche con uomini nuovi, com’é avvenuto in Francia (non riesco a immaginare quale sarebbero state le percentuali se al ballottaggio fosse finito Fillon), non si può certo nascondere che il messaggio di Macron sia stato chiaramente e inequivocabilmente europeista e la sovrapposizione del beethoveniano Inno alla gioia alla Marsigliese nella festa per la vittoria ne é la simbolica testimonianza. Questa é la seconda tendenza che emerge dal voto. Aggiungiamo pure che secondo i sondaggi il voto a Macron ha innanzitutto due motivazioni: quella di sbarrare la strada alla Le Pen e al suo Front national (solo adesso Marine ha capito che per rompere col padre aveva bisogno di cambiar none al movimento?) e quella di un forte rinnovamento della classe politica.

Resta il fatto che più volte il giovane Emmanuel ha dichiarato che l’Europa é il destino della Francia. Quale Europa, però? Qui si innesta un grande e nuovo indirizzo sul quale fondare e lanciare la nuova aggregazione dei riformisti. Secondo Macron non può essere più l’Europa dei tagli e dei vincoli. Le sue proposte sono rivoluzionarie e vanno dagli eurobond, al ministro del Tesoro unico, al debito unico. E non si tratta di correttivi, ma di chiavi inglesi per smontare l’Europa che abbiano conosciuto. Questo cambiamento di marcia, se confermato (un conto sono i proclami elettorali altro le azioni di governo), è destinato a influire, forse a mutare considerevolmente, i rapporti tra gli stati. Come reagirà la Germania, come i paesi nordici più attenti al rigore? Certo l’Italia dovrà appoggiare, e Renzi e Gentiloni lo faranno, questa nuova rivoluzione francese.

Al bando gli ideologismi del passato, al bando i revival delle ortodossie classiste e marxiste, Macron propone di sfidare l’Europa di oggi per costruirne un’altra per domani. Con finalità e meccanismi diversi, con la priorità della politica comunitaria che governa l’economia e che si fa carico dei paesi più deboli. Servirebbe un Macron italiano? Il primo Renzi sicuramente lo aveva anticipato così come Craxi anticipò Blair. Fuoriuscire dai vecchi schemi del socialismo era disciplina della quale noi stessi siamo stati maestri. Renzi però, contrariamente a Macron, é stato presidente e ha subito la sconfitta del 4 dicembre. Ha ancora le caratteristiche per fungere da uomo nuovo? Una domanda legittima, credo.

Mauro Del Bue
Mauro Del Bue
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